Il tesoro di San Gennaro, un patrimonio di inestimabile valore, superiore ai gioielli della Corona d’Inghilterra, salvato grazie a un’impresa leggendaria
Il Tesoro di San Gennaro rappresenta uno dei patrimoni più preziosi al mondo. La mitria d’argento del Santo Patrono, tempestata da 3694 pietre preziose, insieme a collane di inestimabile valore, calici, pissidi e ostensori, costituisce un tesoro che fa impallidire le corone reali d’Europa.
Il guappo che salvò il tesoro di San Gennaro
Il clamoroso recupero del tesoro di san Gennaro da parte del guappo Giuseppe Navarra, è una storia che merita di essere raccontata e tramandata. Il tesoro del Santo patrono di Napoli, è talmente ricco da fare invidia ai sovrani di tutta la terra. Basta pensare alla mitria d’argento dorata e tempestata da 3694 pietre preziose, oltre alle collane d’inestimabile valore e a una miriade di calici, pissidi, ostensori, busti luccicanti di santi etc.
Il tesoro di San Gennaro fu portato via da Napoli per sottrarlo a bombardamenti e alle incursioni. Nel maggio del ’43, dopo un bombardamento sul Duomo fu prima condotto a Montecassino, poi fu trasportato in un luogo segreto a Roma, nel Vaticano.
Durante il conflitto si diffusero voci angoscianti, come quella della distruzione delle ampolle contenenti il sangue del martire, per fortuna non vere. Ci si mise anche il Vesuvio, che pensò di eruttare nel marzo del 1944.
Nonostante il cardinale Ascalesi avesse fatto esporre nel Duomo il busto del santo, il vulcano continuò a vomitare lava e ceneri senza sosta. Qualcuno, a quel punto, notò come fosse disadorno e misero l’ingiallito busto di san Gennaro e ci si chiese che fine avesse fatto il tesoro.
Chi era ‘o re ‘e Poggioreale
Per recuperare il tesoro di San Gennaro, dovette entrare in gioco Giuseppe Navarra, un uomo corpulento e di grande influenza nei confronti degli americani, nonché grande benefattore del suo quartiere. Fu forse l’ultimo guappo vecchia maniera, un gentiluomo sostenitore dei Savoia che sapeva farsi rispettare.
Nella sua casa di via Stadera si fece costruire una sorta di “trono” dove riceveva i suoi “sudditi”, dando consigli e risolvendo questioni. Gli americani lo lasciavano fare, anzi gli fecero dedicare diversi servizi giornalistici che spopolarono negli Usa. Oltreoceano colpì parecchio la figura di quest’uomo in giacca e cappello, che possedeva una poderosa auto scura, una Dilambda 12 cilindri appartenuta a Mussolini, sul cui retro c’era scritto a chiare lettere “il re di Poggioreale”.
L’impresa del recupero del Tesoro di San Gennaro
Navarra era nato nel 1898, figlio di un merciaio del centro antico. In età adulta, per sfamare i suoi tre figli e la moglie, si era messo a fare il sommozzatore a Marsiglia, il trafficante di scarpe usate e altre mille imprese, senza disdegnare il contrabbando e il mercato nero. Paradossalmente finì per arricchirsi proprio grazie alla guerra.
Il guappo s’intenerì molto nell’ascoltare il rammarico dei suoi concittadini, ormai privi da anni – era il 1946 – del tesoro del loro patrono, “prigioniero” in Vaticano. Nonostante fosse stato chiesto al nuovo sindaco Giuseppe Buonocore di fare qualcosa, questi ebbe paura d’intervenire anche perché la strada fino a Roma, in quel periodo, era infestata di pericolosi briganti. «Ci penso io. Lo riporto io il tesoro a Napoli», fu il guanto di sfida di Navarra, che riuscì a convincere tutte le autorità.
Il ritorno trionfale a Napoli
Il “re di Poggioreale” partì alla volta di Roma, a bordo della sua grossa auto e in compagnia del novantenne principe Stefano Colonna di Paliano, vicepresidente della Deputazione del tesoro di san Gennaro.
Giunti in Vaticano senza particolari pericoli, furono ricevuti dall’ambasciatore italiano presso la Santa Sede. Ma riavere il tesoro non fu un fatto immediato. Vi riuscirono dopo una decina di giorni e la notizia arrivò fino a Napoli.
Navarra sparì nel nulla per alcuni mesi e a Napoli tutti si disperavano chiedendosi come avessero potuto fidarsi di lui. Che fine aveva fatto? Davvero aveva rubato il patrimonio della città? Ricerche meticolose effettuate in vaste aree del Lazio e della Campania non produssero nulla.
Il 5 gennaio 1947 arrivò in Curia una lettera in cui si avvisava che il giorno seguente il “re di Poggioreale” sarebbe ritornato col tesoro tanto atteso. Così fu. Caricati i preziosi in un’enorme cassa blindata all’interno della sua auto, Navarra e il principe ripartirono alla volta di una Napoli che attendeva pregando assiepata nel Duomo.
Operazione San Gennaro
Si racconta che alle porte di Napoli l’auto fu bloccata da due giovani malintenzionati. Il principe di Paliano svenne all’istante. «Trasporto cravatte in quel pacco, sono un commerciante», rispose il “re” alle incalzanti domande dei due. «E allora perché corri?». Navarra gettò un occhio allo svenuto principe, seduto di fianco. «Papà è morto e devo andare a seppellirlo al cimitero di Poggioreale prima che chiuda». Un escamotage geniale, che fruttò il via libera.
A Napoli l’auto col tesoro arrivò dopo le 21:00 del 6 gennaio e fu acclamata da due ali di folla festante. «Evviva il re di Poggioreale!», urlavano tutti, prima che i beni fossero consegnati al cardinale per un inventario che durò tutta la notte. Qualche giorno dopo, Ascalesi inviò a Navarra una lettera di ringraziamento e centomila lire. Lui ne restituì duecentomila e scrisse: «Eminenza, distribuite ai poveri questi soldi. Noi baciamo l’anello».
Fonti: Marco Perillo “101 perché sulla storia di Napoli“, corriere del Mezzogiorno, Vittorio Paliotti “San Gennaro“