Il sorriso che porta stampato sul volto ogni giorno nasconde una ferita enorme, che mai si rimarginerà. Salvatore Bagni ha perso il proprio figlioletto di 3 anni Raffaele in un incidente avvenuto nel 1992 e da allora ha dovuto rigenerarsi per sé stesso e per la sua famiglia. In un’intervista esclusiva per il Corriere del Mezzogiorno a cura di Donato Martucci, l’ex scudettato del Napoli racconta la tragedia e tanti altri temi che hanno riguardato la sua vita calcistica, in primis il rapporto con Diego Armando Maradona. In questi giorni è stato pubblicato “Che vi siete persi”, il libro scritto a quattro mani insieme a Bruno Giordano che presenteranno in diverse location, tra cui oggi alle 19 al Lido Varca d’Oro.
Sul libro, Bagni esordisce: “Mi ha chiamato la casa Editric e per i 35 anni dalla vincita del primo scudetto mi ha detto se ero interessato a scrivere un libro. Io ho pensato di farlo con Bruno che è un mio grande amico ed è stato anche divertente. Tante cose, tanti aneddoti sia miei che di Giordano. Anche cose di spogliatoio. Tutto quello che è successo: dall’arrivo al Napoli alla partenza. Credo sia un’opera godibile. E sicuramente condita da buonumore che è un aspetto che mi accompagna sempre. Questo è il mio secondo libro: lo dovrei raccontare alla mie professoresse delle medie. Per loro sarebbe una cosa assurda: a scuola non andavo male, di più. Ma a Correggio si andava a lavorare a 14 anni. Io sono stato fortunato ho studiato fino a quando ho potuto, poi a 18 anni ero ancora al settore giovanile del Carpi”.
Sulla sua carriera: “Mi ha cambiato la vita, non solo economica, ma anche nella conoscenza delle persone e anche di mia moglie Letizia. Abbiamo costruito una famiglia che è un esempio per tanti. Abbiamo due figli un maschio di 35 anni Gianluca e una donna, Elisabetta di 41 anni”.
Una tragedia ha segnato la vita, la morte di suo figlio Raffaele in un incidente stradale: “Tutta la famiglia era in macchina, andavamo a 40 allora, pianissimo. L’incidente e l’airbag che si è aperto. E una vita spezzata. Solo con la forza di tutti i familiari siamo riusciti a superare questa tragedia. Mi prendo molti meriti anche io. E ovviamente anche mia moglie è stata molto forte, anche se io l’ho convinta a vivere la vita, a dare un cambio di passo. Questo dolore l’abbiamo vissuto in modi diversi. Eravamo ad un bivio e allora ti dici, cosa faccio? Siamo stati più compatti di prima, vicini ai nostri figli che sono stati seguiti da psicologici ma per fortuna non hanno risentito di niente. E poi anche l’episodio macabro: la bara del piccolo trafugata dal cimitero”.
Guerriero in campo e nella vita, si è rialzato anche in quella occasione: “La foto della bara lasciata sul parabrezza dell’auto in un giorno di nebbia, sembrò tutto così assurdo. Un mese con i carabinieri in casa, aspettando invano una telefonata. Raffaele c’è ogni giorno, lo sentiamo accanto a noi. Il problema non è quel corpo che non è più al cimitero perché io ho fede. Ma subito ci siamo preoccupati degli altri figli. Pensiamo di aver fatto un bel lavoro con loro. Io ho fatto finta di essere meno piegato dalla vicenda, ma ero quello più sconvolto. E ora con il sorriso positivo affronto la vita. Come dico anche alle mie nipoti: entusiasmo e passione per assaporare gli attimi e affrontare anche i grandi problemi“.
Parlando invece di calcio, resta nella storia l’addio a Napoli con la famosa rivolta: “La gente ha capito quello che è successo realmente. Eravamo stati indicati come i capi di quella rivolta. Ma combattemmo una battaglia tutti insieme. Si disse che io avevo un ginocchio fuori uso. In verità avevo solo un’infiammazione. Ma io sono sempre stato diretto e non ho mai nascosto nulla. Le cose andarono così come ho raccontato più volte”.
Il rapporto con il Napoli e la tifoseria è sempre rimasto d’amore: “Si sono un tifoso e lo ammetto senza remore. A Napoli c’è un affetto, un amore che non si può far capire alla gente che viene da fuori. Devo ringraziare sempre i napoletani che mi trattano come se avessi giocato ieri sera. Amo tutte le zone di Napoli: ho abitato a Posillipo in via Petrarca ma mi piace frequentare e stare a contatto con la gente: mi arricchisce ogni conoscenza. Fuori dal campo vado d’accordo con tutti, ma in campo no: ero pessimo e qualche espulsione in carriera l’ho ricevuta”.
Non poteva mancare la domanda su Diego Armando Maradona, con cui ha avuto un rapporto speciale: “Ho avuto la fortuna più di tutti gli altri e per tutta la sua vita di frequentarlo. Chi lo critica o lo ha criticato per il suo passato non ha capito nulla di Diego. Per tanti anni è stato ospite a casa mia. Un uomo generoso, altruista e umile. L’ho ammirato tantissimo ho lottato con lui per cercare di aiutarlo. Io ho un senso dell’amicizia infinito, la parola amicizia per me è una cosa importantissima tanto è vero che ancora frequento i miei compagni dell’oratorio. In un momento negativo gli abbiamo aperto la porta di casa. Si sentiva a suo agio”.
Eppure qualcuno ha malignato su un rapporto che si sarebbe logorato nel tempo: “Tutte cavolate. Gli feci prendere un contratto con la Rai per Ballando con le Stelle. Fece solo tre puntate, poi abbandono per fare la Noche Del DieZ in Argentina. La Rai a quel punto non pagò. Qualcuno vicino al suo entourage insinuò che io avessi preso qualcosa dalla Rai ma invece non ci fu nessun pagamento proprio per l’interruzione dell’esibizione di Diego. L’unica persona che ci ha rimesso con Diego invece di guadagnare sono stato io. Da quando avevo 18 anni non ho mai avuto bisogno di nessuno. Ho chiamato il suo avvocato dell’epoca e ho chiarito tutto. Io l’ho trattato da Diego e lui mi rispettava da Salvatore. Sarà sempre nel mio cuore e lo ricorderò sempre con il sorriso e la gioia che sapeva dare a tutti, non solo sul campo di gioco“.