L’attore romano a Napoli per ricevere due premi: il Concetta Barra-Isola di Procida e quello speciale del Presidente della Repubblica per le Maschere del Teatro Italiano.
GIGI PROIETTI SU NAPOLI
Sono ben due i premi nazionali che Gigi Proietti riceve in Campania in questo fine settimana: stasera quello speciale del Presidente della Repubblica, nell’ambito delle Maschere del Teatro Italiano al Mercadante, e domani il «Concetta Barra-Isola di Procida».
Perché “napoletanofilo”?
«Ho un’antica e profonda venerazione per Napoli. Che dire della lingua, che avrei voluto imparare alla perfezione, cosa però impossibile. Ma qui ho fatto tutto il mio teatro. Vi sono legato»
Due premi in due giorni, niente male: la Campania la ama e tanto.
«Sono sempre piacevolmente stupito quando ricevo riconoscimenti prestigiosi come questi: quello istituzionale che ricevo a Napoli dalla Presidenza della Repubblica e quello dedicato a una grande attrice come Concetta Barra a Procida».
Un ritorno a Napoli atteso il suo. Cosa pensa del fervore teatrale in questa città?
«A Napoli c’è molta attività, tante iniziative. Più che a Roma. Perché Napoli non si ab batte mai. Anche se non la frequento moltissimo, mi arrivano continue voci di una città vivace».
Dichiarazione d’amore. Qui c’è molta attività, tante iniziative. Perché questa è una città che non si abbatte mai. Poi c’è una grande scuola. Napoli è l’unica città che abbia una grande, reale tradizione teatrale. Ma qui c’è anche tanta voglia di innovare. E c’è una realtà da raccontare nel male e nel bene.
Anche grazie a una grandiosa tradizione teatrale.
«Dietro gli attori napoletani e la loro professione c’è una grande scuola. Napoli è l’unica città che abbia un’immensa, reale tradizione teatrale. Ma qui c’è anche tanta voglia di innovare. E c’è una realtà da raccontare nel male e nel bene».
Ha degli amici (anche non attori) qui a Napoli?
«Su tutti l’avvocato Vincenzo Siniscalchi. Poi, non posso dimenticare Francesco Caccavale e Aldo Giuffré, che sapeva imitare il dialetto romano: una capacità che hanno solo i grandi attori».
Per lei c’è differenza tra cultura alta e popolare?
«C’è solo una cosa misteriosa che si chiama cultura, in cui poter convogliare linguaggi diversi. La mia carriera è stata soprattutto curiosità. I miei spettacoli somigliano un po’ tutti al mio grande successo, “A me gli occhi, please”. Un titolo provvisorio era “Generi diversi”»