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Caro Aurelio, ora si è passato il segno. Rientriamo tutti nei ranghi

Caro Aurelio, ora si è passato il segno. Le uscite a vuoto sono state tante, ma in questo ritiro stiamo arrivando ad un’indesiderata apoteosi. Adesso basta.

 

Partiamo da una considerazione necessariamente autocritica: in mezzo a tanti giornalisti ci sono anche alcuni bufalari. È vero, e far finta di niente sarebbe mancare alla veritá. Tra plagiatori, cacciatori di click facili ed altri soggetti che considerano notizia le proprie opinioni, la categoria ha le sue “pagliuzze”, permettetemi la citazione biblica, di cui occuparsi.

Ma questa è una questione che è compito dell’Ordine e non di un presidente di una squadra di calcio.

Non è da oggi che assistiamo ad attacchi gratuiti e spesso irresponsabili da parte di De Laurentiis verso la stampa, locale e nazionale. Attacchi che vengono visti dal pubblico in modo diverso l’uno dall’altro a seconda di chi sia il bersaglio.

Se il collega “colpito” è Malfitano, accusato di essere notoriamente juventino, il tifoso magari si sente rafforzato nella sua convinzione precedente e non solo applaudirà il presidente, ma attaccherà altrettanto. Cosa accadrà quando qualche imbecille (la cui madre è in perenne gravidanza) decider di passare dalle parole ai fatti?

Caro Aurelio, mi permetto di rivolgermi a Lei per nome, quasi con una certa confidenza frutto di ormai quasi tre lustri di “convivenza” nell’universo Napoli; ADESSO BASTA.

Con le sue ultime uscite lei ha passato il segno, creando un clima irrespirabile.

Lei forse si sarà risentito per la “mancanza d’ironia”, ma capisca che non tutti hanno la memoria di un pesce rosso; la battuta sulle bufale, venuta dopo “l’avvertimento” dato in conferenza stampa, era già un precedente inquietante e mettere continuamente in dubbio, anche solo scherzando, la professionalità di chi fa un lavoro, spesso mal retribuito e svolto per pura e semplice passione, come quello del giornalista è una cosa inaccettabile e non è cosa di ieri, anzi.

Un giornalista pubblica indiscrezioni, notizie che gli giungono, che poi possano concretizzarsi o meno è una questione che dipende, tra l’altro, anche da Lei.

Che lei voglia nascondersi, che voglia gestire la scena per poi fare la sorpresa nei tempi che ritiene più opportuni per fare il suo show è lecito e comprensibile, sappiamo tutti come vanno le cose nel calciomercato e non è certo cosa nuova che si possa trattare a fari spenti.

Tuttavia ciò non l’autorizza a screditare il lavoro, le ore di sonno perdute a verificare le proprie fonti, la passione vocazionale con cui la stragrande maggioranza di chi esercita la professione di giornalista si sacrifica pur per pochi spiccioli a pezzo, o magari gratis per imparare.

Mi spiace deluderla, i giornalisti devono fare i giornalisti e non i tifosi, il posto dei tifosi è allo stadio (a proposito, ma investimenti strutturali quando?) o davanti alla tv; con il microfono in mano ci dovranno essere sempre giornalisti che facciano, come giá accade salvo dolorose (per chi scrive) eccezioni, il proprio lavoro anche se per Lei dovesse risultare scomoda qualche domanda.

Si ricordi, Aurelio, che i piú stimati come il compianto Paolo Valenti non hanno mai fatto nemmeno trasparire la propria fede calcistica quando svolgevano la loro professione.

Ci sono modi e modi di proteggere una squadra, una società od un’azienda, se preferisce; esporre al pubblico ludibrio chi è reo soltanto di fare il proprio lavoro dando il meglio di sé non è tra questi.

E poco importa se, in futuro, lei mi rifiuterà un accredito. Ho ricevuto atti di stima e di rispetto da società come il Real Madrid (sezione basket) proprio per la serietà con la quale ho sempre agito, senza mai piegare la schiena davanti a nessuno, e certe soddisfazioni personali e professionali rimarranno comunque, anche senza il “favore” che Lei, o chi per Lei, potrebbe negarmi.