Gelati, sorbetti e il cono sono nati a Napoli. L’arte del gelato napoletano conquistò i Borbone. Il cornetto Algida di Spica divenne famoso nel mondo.
Va subito detto che i gelati, come anche la pizza e i maccheroni, pur non avendo visto la luce a Napoli o in Sicilia, qui hanno trovato una patria ideale sia per l’estate che può diventare torrida e sia per le “caratteristiche” per così dire dei loro abitanti.
GELATI E SORBETTI NELL’ANTICHITÀ
Sin dall’antichità l’umanità mediterranea è sempre andata in cerca di rinfrescarsi. Alessandro Magno riempiva cantine o fosse di neve trascinatavi dai monti vicini e la regina d’Egitto, Cleopatra, vi faceva molto affidamento per sedurre Antonio. Gli stessi medici, guidati dall’arabo Avicenna, avevano intuito che le bevande fredde avevano ragione di numerose malattie dell’epoca.
Infatti Plinio sosteneva che nessun altro animale in natura beve bevande calde. Il primo ostacolo dunque era la conservazione e poi la produzione. Per capirci qualcosa di più bisogna attendere la “macchina del freddo” di Leonardo da Vinci, e nel ‘500 gli studi e l’intuizione del fisico e naturalista napoletano Giovan Battista Della Porta.
Nel secolo successivo ecco infatti diffondersi i sorbetti. Tanto che l’approvvigionamento di neve era quasi diventato di pubblica utilità. Ce ne dà anche testimonianza la toponomastica cittadina, da Vico Neve a Materdei a via della Neve alla Torretta. Nel frattempo dal Sud i sorbetti e affini si diffusero dovunque.
A NAPOLI I SORBETTI DIVENTANO GELATI
Tra i protagonisti napoletani del gelato napoletano dobbiamo citare le monache dei monasteri che dal ‘600 e per altri due secoli primeggiarono nell’arte dolciaria.
Come accade con molte invenzioni che faranno storia ma di cui è difficile attribuire una paternità univoca, l’evoluzione del sorbetto in gelato non segue un percorso lineare. È più probabile invece che, essendosi diffusa abbastanza capillarmente nelle cucine europee la tecnica per realizzare i sorbetti, diversi cuochi, in luoghi e tempi diversi, abbiano realizzato per conto proprio sperimentazioni nella direzione del gelato.
L’ARTE DEL GELATO NAPOLETANO CONQUISTÒ I BORBONE
Non tutti però ne hanno scritto, ragion per cui le fonti sono frammentarie. Attenendoci alle fonti scritte, possiamo citare alcuni documenti, tecnici o letterari, che potrebbero parlare di qualcosa che è ancora un sorbetto ma è anche già fortemente somigliante al gelato.
È il caso per esempio della “neve di latte” di cui parla Antonio Frugoli nel trattato “Pratica e scalcarla” del 1638. Frugoli non è il solo a parlare di sorbetti nei suoi scritti.
Il marchigiano Antonio Latini, scalco (cioè responsabile della preparazione dei banchetti nelle corti nobiliari) del reggente spagnolo del Viceregno di Napoli Esteban Carillo Salsedo, nel 1659 ascrive ai napoletani un’abilità speciale, quasi istintiva, nella sorbetteria. Scrive: “pare che a Napoli ognuno nasca col genio, e con l’istinto di fabbricar sorbette”.
IL GELATO CONQUISTÒ VOLTAIRE
E quindi a seguire Vincenzo Corrado, la cui cucina aveva la meglio perfino su quella del sovrano.
Quando i sorbetti, per il prezzo più abbordabile dello zucchero, cedettero il passo ai gelati, Napoli ne divenne la capitale.
Con i suoi, Vito Pinto, il dolciere della Bottega del Caffè in via Toledo, faceva impazzire Giacomo Leopardi tanto da meritarsi un verso per “l’arte onde barone è Vito”. Aneddoti ed episodi si moltiplicano con i buongustai del Grand Tour, con i medici che prima dicono di no ai gelati e poi cambiano idea e infine con tanti autori, da Parini Rodari a Voltaire:
“Il gelato è squisito. È un peccato che non sia illegale”.
IL CONO GELATO INVENZIONE NAPOLETANA
Quando iniziarono a diffondersi i primi venditori ambulanti di gelato, fu subito evidente il problema della presentazione di questo tipo di alimento. All’interno di quale contenitore bisognava donarlo al cliente?
Per ovviare a questo problema non da poco, in un primo momento si decise che i gelati dovessero essere serviti su delle ostie, poi si iniziarono a creare delle cialde che, però,avevano il difetto di bagnarsi con molta rapidità, e diciamoci la verità con esiti veramente negativi.
Poi si pensò di creare delle cialde caratterizzate da caramello e mandorle tostate, ma anche in questo caso il risultato finale non tendeva a migliorare.
Si provò infine ad avvolgere il gelato nella cialda, in una sorta di cono che non solo accompagnava il gelato ma poteva essere mangiato. Insomma una grande novità e una grande invenzione partenopea.
IL CORNETTO ALGIDA DI SPICA
Napoli vanta la paternità del gelato più venduto in assoluto: il cornetto Algida.
L ‘Algida fu fondata a Roma, nella zona del Prenestino, nel 1945, da tre ingegneri slavi che avevano acquistato dagli Stati Uniti il brevetto per la produzione del gelato industriale. In seguito, la produzione è stata trasferita a Napoli.
Il cornetto algida all’inizio fu un gelato artigianale: una cialda croccante ricoperta di cioccolato, ripiena di un gelato alla crema di latte, spolverato di granella di nocciole e guarnito di cioccolato fuso. L’idea fu della gelateria Spica e da allora è nata la lunga storia d’amore che lega il marchio di produzione del gelato, l’Algida, per sempre a questa ricetta. Comprata qualche anno dall’Algida che lo produsse su scala industriale.