Lo sapevi che NapoliRicette della cucina napoletana

La pizza a Napoli si mangiava già 2000 anni fa. Ecco perchè

Lo sai che la pizza a Napoli si mangiava già 2000 anni fa. A parte il pomodoro, c’era già tutto e si poteva scegliere nelle Pizzerie Ante Litteram.

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Lo sapevate che a pizza a Napoli si mangiava già 2000 anni fa e che  veniva chiamata Placenta o subcinericia?

La pizza a Napoli si mangiava già 2000 anni fa e poteva essere degustate in locali che definiremo “pizzerie ante litteram”. L’etimologia del nome “pizza” deriverebbe secondo alcuni studiosi, da pinsa (dalla lingua napoletana), participio passato del verbo latino pinsere oppure del verbo “pansere”, cioè pestare, schiacciare, pigiare che deriverebbe da pita mediterranea e balcanica, di origine greca?: ossia “infornato”

La pizza teneva già mille anni e decine di migliaia di buongustai affezionati tra Pompei e Napoli, quando nell’Abbazia di Montecassino, nel 997 dopo Cristo, nel «Codice Gaetano», il libro mastro che conservava documenti del ducato di Gaeta, un giovane monaco trascrisse un atto notarile in cui si parlava di «duo decim pizze», dodici pizze.

La pizza a Napoli si chiamava placenta

Unica differenza sta nel fatto che quando napoletani e pompeiani la inventarono, e la vendettero, la pizza non si chiamava ancora «pizza» ma «placenta». E, «pistores clibanario» era il panettiere pizzaiolo che la cuoceva nel clibanos (il forno portatile) e la vendeva al minuto per qualche “asse”, cinquanta centesimi di oggi, più o meno.E, tra le altre, scottava pure, quando la si afferrava per gustarsela. Marziale, poeta tra i più grandi, suppergiù nel 70 dopo Cristo, difatti scriveva che «…per seconda portata circolò lungamente tra gli ospiti una pizza che scottava le dita…».

la pizza a Napoli

Quale pizza si mangiava  a Napoli 2000 anni fa?

Così come oggi ci stanno quelle alla «marinara», le «quattro stagioni», la «bianca» o «broccoli e salsiccia» e chi più ne ha più ne metta, 2000 anni fa, la pizza a Napoli era chiamata la Placenta”, o  anche subcinericia se veniva cotta sotto la cenere, si distingueva in libum, scriblita, offa e pastillus.

La libum  ad esempio si approntava con cacio grattugiato,uova e olio: più «bianca» di così c’era solo quella con la mozzarella. Mozzarella? Certo: a Maddaloni se ne producevano di eccellenti, come testimonia lo stesso Marziale. Altra pizza – focaccia che si preparava con formaggio era la scriblita. Plinio il Vecchio ci da anche il disciplinare per approntare la offa: «Con acqua e orzo…su un focolare caldissimo o in un piatto di terracotta sulla cenere o sul carbone, finché diventano rossastre».

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Pizzerie Ante Litteram

Negli scavi di Pompei,proprio al centro del Foro cittadino, nel primo secolo dopo Cristo, teneva il bancariello il «Placentario» che, nel fornetto portatile di creta , metteva a cuocere un paio di pizze per volta e le serviva calde calde, per qualche asse (soldi), a sfaccendati, politici o commercianti che là si incontravano.
Così come dovette preparare ottime pizze il fornaio che nello stesso periodo teneva l’esercizio nella strada romana scoperta escavata sotto San Lorenzo Maggiore, nel cuore della Napoli greco–romana , proprio laddove s’è scoperto che c’era il mercato cittadino. Vale a dire che allora come oggi c’erano pizze e pizze. Varie, per grandezza, per caratteristiche della pasta e per ingredienti utilizzati a mo’ di condimento e perla tipologia di avventori a cui erano dirette.

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