“Conte, il crollo silenzioso e il Napoli da rifondare”. L’analisi di Repubblica Napoli
conte e de Laurentiis (lapresse) - napolipiu
Dopo Napoli-Como del 1° novembre Antonio Conte parlava di serenità, definendo i suoi giocatori «guerrieri che hanno voglia di crescere». Una frase già lontanissima. È bastata la sconfitta del 9 novembre a Bologna per generare un terremoto: a fine partita, un Conte furioso ha dichiarato che «ognuno pensa all’orticello», denunciando la mancanza di «entusiasmo, cuore, ardore», fino al giudizio definitivo: «Così non va e non so se riesco… Io non accompagno i morti».
Un ribaltamento emotivo in otto giorni. In realtà, molto meno. Come ricostruisce Repubblica Napoli, Aurelio De Laurentiis era a Roma con amici quando ha visto la partita e soprattutto le parole del suo allenatore. La reazione è stata immediata: furia, preoccupazione, disillusione. Il presidente ha compreso che Conte era logorato, turbato, scollato dal gruppo. Da qui l’invito a prendersi una pausa. Una scelta da uomo, da padre, da capo d’azienda.
La fragilità di Conte è una componente che, secondo Repubblica Napoli, non va giudicata ma compresa. L’allenatore è «serissimo, maniacale, problematico», divorato dall’ossessione di vincere, talmente convinto della propria responsabilità da cercare altrove le cause di ogni presunto fallimento. Nulla di calcolato, tutto in buona fede. È De Laurentiis il primo a riconoscerlo, tendendogli una mano immediata con un messaggio pubblico.
Il presidente ha persino abdicato al proprio ruolo per lasciare spazio all’amico-allenatore, come Conte desidera. Da Palazzo Reale, durante la presentazione, De Laurentiis rimase muto; in estate, a Ischia, si sobbarcò più cene del solito, concedendo fiducia totale. Conte ha deciso tutto: il mercato soprattutto. Giovanni Manna non ha potuto davvero operare, costretto a chiudere affari in eccessiva fretta, spesso a cifre alte e con cessioni discutibili. E le scelte pesano: Lucca in panchina mentre Raspadori vola in Nazionale; Milinkovic, pagato caro, che oggi vale meno di Caprile; una rosa con quasi quaranta contratti attivi; ventitré acquisti in due anni; circa 300 milioni spesi senza un vero bomber da 15 gol.
A questo si aggiunge la preparazione atletica, altra zona grigia: infortuni muscolari continui, rendimento collettivo inferiore al passato, e un dubbio che circola in Serie A: «Non sono forse troppo severi gli allenamenti?» All’estero si corre di più, ma in Italia si paga spesso la durezza delle sedute. In un grande club la scienza della preparazione deve valere almeno quanto la personalità del tecnico.
Conte tornerà lunedì. È ciò che sperano tutti: ritrovare serenità, dedizione per la panchina che ha sempre onorato, e magari un po’ d’amore per una città che lo aveva accolto come un dogma. Ma da lunedì, scrive Repubblica Napoli, non sarà mai troppo presto per cambiare direzione. Serve ridefinire i poteri: presidente, management, staff tecnico, staff medico, marketing. Il doppio ruolo di allenatore-manager è un esperimento fallito. A Napoli ha logorato, forse troppo rapidamente, uno dei migliori allenatori d’Europa.
