Il calciomercato 2021 ha superando il limite. Le operazioni che hanno portato Lukaku al Chelsea e Messi al Psg mostrano come la pandemia non abbia cambiato nulla. Anzi, in realtà ha ampliato il gap tra piccoli e grandi club.
Il calciomercato 2021/2022 il momento in cui il capitalismo accelera fino a superare se stesso, fino a mordersi il culo cioè a mangiarsi la testa? Il calcio va così spedito e tanto convinto allo schianto contro il muro che quasi dispiace disturbare con i dettagli della rincorsa e con i particolari dello sfracello. Ma qui siamo e questo facciamo, e quindi: Ben White passa dal Brighton all’Arsenal per 58 milioni di euro, nell’anno della pandemia, al termine della stagione in cui i soldi son finiti per tutti ma per alcuni son più finiti che per gli altri. Ben chi? Esatto. Emi Buendía dal Norwich all’Aston Villa per 35 milioni.
GAP TRA PICCOLI E GRANDI CLUB
The money, scrive rivista undici, stanno solo a Parigi, Londra e Manchester, che a questo punto – uno dei due liocorni s’è presentato, manca solo l’altro, che è Cristiano Ronaldo, e fino al 31 agosto di tempo ce n’è… – viene da chiedersi perché non si fanno il loro campionato dei ricchi, dove invitano solo gli amici ricchi. La superlega. Florentino Pérez ricorda tutti i direttori di banca che mi hanno negato un mutuo e Andrea Agnelli somiglia al capo che continuava ad assumere a tempo indeterminato gli altri, quindi la Super Lega non si doveva e non s’ha da fare, per questi motivi e per quelli che sono già stati detti e che non serve ripetere ancora.
Il calciomercato 2021/2022
Fa impressione (imbarazzo, forse) pensare ai discorsi, ai litigi di aprile. La pandemia doveva essere la singolarità biologica capace di costringere il sistema-calcio a una riforma non più utile ma necessaria: non è sostenibile – di più: non è accettabile – un settore in cui si arriva ad accumulare un miliardo di euro di debiti (con i numeri rende meglio: 1.000.000.000 € di debiti) e in cui comunque non si tira giù la saracinesca semplicemente perché ormai si è too big to fail. La Super Lega era la risposta sbagliata, delle persone sbagliate, a un problema enorme e per certi versi collettivo (il calcio è o non è lo sport più seguito e praticato nel mondo?). Un problema grande quanto l’Inter tra un po’ costretta a vendere anche lo scudetto tricolore cucito sulle maglie. Un problema grande quanto il Milan che lascia scadere il contratto del portiere più promettente del mondo perché le cifre, tra rinnovi e commissioni e cazzi e mazzi, ormai sono insostenibili per chiunque tranne che per quelli che nella vita fanno i padroni del vapore. Un problema grande quanto la Juventus costretta a un aumento di capitale da 400 milioni di euro perché prendere l’attaccante più forte del mondo è ormai un costo fisso superiore (molto superiore) a un beneficio solo probabile. Il problema era ed è: come impediamo che il girotondo ricominci da capo e di ritrovarci tra dieci anni con squadre sull’orlo del fallimento perché nel frattempo è diventato normale dare a Martin Braithwaite 4.5 milioni di euro (netti!) all’anno di stipendio?
I SOLDI DEL PSG
Ma cosa c’è di più esclusivo, di più sfacciato di quello che sta succedendo in questi giorni? Il tetto salariale spagnolo diventa lo sfondamento dei cieli del bilancio parigino (viene fuori adesso che anche se Messi avesse deciso di giocare per la gloria della Catalogna, come pretendevano quelli abituati a rifiutare i soldi offerti agli altri, il Barcellona comunque non se lo sarebbe potuto permettere). La crisi della vendita al dettaglio cinese diventa la boutique del petroliere russo: è questo che pensavamo di conservare quando ci siamo messi con la UEFA, con Ceferin, Al-Khelaïfi, nella speranza disperata di proteggere quel poco che resta di noi in questo sport? Quindi è questa la riforma giusta del calcio europeo: scialuppa a mare si salvi chi può, muoia Sansone con tutti i Filistei? Dunque è questo il discorso nuovo sullo stato del calcio: e che ci vuoi fare se quelli hanno i soldi perché il petrolio serve sempre, e che si può fare se quegli altri pagano più tasse perché il governo loro ha deciso così. Allora è questa la svolta redistributiva, egualitaria del pallone: il calcio è un gioco semplice, 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine il PSG se li compra tutti.