Maradona e Pelè non ci sono più, entrambi sono morti ad età differenti: ma i due resteranno tra i fuoriclasse più amati di sempre.
Pelè è morto ad 82 anni, alla fine anche O Rei ha dovuto cedere il passo alla malattia che si era aggravata nelle ultime settimane. Ricoverato in ospedale a San Paolo, coccolato dalla famiglia e dalla figlia il campione brasiliano ha resistito fino a quando ha potuto. Nato il 23 ottobre del 1940 è stato e resterà il giocatore più forte di tutta la storia del calcio. Ha segnato più di 1200 in un calcio che non c’è più, lo ha fatto in Brasile e negli Usa, mostrando una classe immensa. Anche da dirigente è stato molto apprezzato con il suo spirito forte e sempre posato.
Maradona e Pelé: fuoriclasse senza tempo
Alla morte di Diego Armando Maradona, avvenuta prematuramente a 60 anni, il campione brasiliano aveva rilasciato bellissime parole: “Sono già passati sette giorni da quando sei partito. Molta gente amava paragonarci, è stato così per una vita. Tu sei stato un genio che ha incantato il mondo, un mago con il pallone tra i piedi. Una vera leggenda. Ma prima di tutto, per me, tu sarai sempre un grande amico, con un cuore ancora più grande. Oggi il mondo sarebbe molto migliore se potessimo fare meno paragoni gli uni con gli altri e invece passassimo più tempo ad ammirarci di più, gli uni con gli altri. Per questo voglio dirti che tu sei incomparabile. La tua traiettoria è sempre stata caratterizzata dall’onestà. Hai sempre dichiarato ai quattro venti ciò che amavi e ciò che detestavi. E questo tuo modo particolare insegna che dobbiamo amare e dire ‘ti amò molte più volte. La sua dipartita così rapida non mi ha lasciato dire, allora lo scrivo: io ti amo, Diego. Mio grande amico, grazie per le nostre giornate. Un giorno, lassù in cielo, giocheremo nella stessa squadra. E sarà la prima volta che daro’ un pugno all’aria non per commemorare un gol ma per poterti dare ancora un abbraccio“.
Sempre messi a confronto su chi fosse il più forte, Pelè e Maradona hanno segnato la storia del calcio. Un calcio che non esiste più, fatto di campi non perfetti, di palloni pesanti, di maglie che si appesantivano per la pioggia, di scarpini da cui bisognava togliere il fango.
Questi due calciatori enormi hanno giocato in un’epoca senza tecnologia, senza allenamenti massacranti, in cui chi aveva la classe come dono ‘divino’ poteva fare tutto quello che voleva, senza essere ingabbiato in schemi tattici. Ecco con questi due fuoriclasse, forse, se ne va via un pezzo importante del calcio: quello romantico, quello epico, fatto di battaglie in campo e di qualche battuta, anche sferzante fuori dal campo. Passa un’epoca, ma non si cancella la storia.