Cultura Napoletana

Napoli Wood. Il cinema riscopre Napoli, la città diventa una meta anche per il turismo.

Napoli Wood. Da “Gomorra” alla Ferrante la città è tutta un set. Destinato a rilanciare la sua immagine nel mondo.

di Emanuele Coen L’espresso

Napoli Wood

Ogni giorno Napoli è un set a cielo aperto tra uno spot e una serie televisiva, un documentario e una commedia, un film d’autore e una grande produzione internazionale. Chiametela pure: Napoli Wood

In principio fu “Un posto al sole”, la più longeva soap opera italiana, quasi cinquemila puntate in oltre vent’anni, poi la serie televisiva “Gomorra” ha preso il sopravvento. Le riprese della terza stagione termineranno a giugno (in onda su Sky Atlantic in autunno), coinvolgendo 100 attori e 160 location in tutta la Campania.

Da qualche tempo però l’atmosfera è cambiata e i ciak si moltiplicano nei quattro angoli della città, ribaltando l’immagine senza scampo di una terra soffocata dalla camorra. E così Joaquin Phoenix ha prestato il volto a Gesù per il kolossal “Mary Magdalene”; Rupert Everett, in veste di attore e regista, si è innamorato di Napoli, dove ha realizzato “fie happy prince”, film dedicato alla vita di Oscar Wilde con cast internazionale (Colin Firth, Emily Watson).

E ora è in preparazione la serie tratta dal bestseller mondiale di Elena Ferrante, “L’amica geniale” le riprese inizieranno a fine estate, nei luoghi più significativi della saga: dal Rione Luzzatti, periferia est, alla chiesa della Sacra Famiglia.

Il cinema riscopre Napoli

Una, cento, mille Napoli. Quella borghese dei conflitti familiari nel nuovo film di Gianni Amelio, “La tenerezza” (al cinema dal 24 aprile) con Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno e Micaela Ramazzotti; quella intrigante di “Napoli velata” di Ferzan Ozpetek (primi ciak da maggio), che dal 23 aprile curerà la regia de “La Traviata” di Giuseppe Verdi al teatro San Carlo.

Attraversa la città l’onda nuova del cinema partenopeo, e svela al pubblico zone meno conosciute che diventano mete turistiche: i grattacieli del Centro direzionale orientale disegnato dall’architetto giapponese Kenzo Tange e l’aeroporto di Capodichino, le “stazioni dell’arte” della metropolitana e il porto, il cimitero inglese e l’Ospedale degli Incurabili. Ma anche il Vomero e Posillipo.

Perché Los Angeles sarà pure Los Angeles ma anche “Napoli wood” ha le sue colline. Sulla sommità di quella di Pizzofalcone si trova il commissariato della serie tratta dai best seller di Maurizio de Giovanni, un successo su Rai1: “I bastardi di Pizzofalcone”. La fiction “anti-gomorra”, così come l’hanno ribattezzata – non necessariamente un complimento – si trova agli antipodi della serie tv ispirata al romanzo di Saviano: raffinati edifici ottocenteschi, panorami sul Golfo, delitti ordinari e, soprattutto, niente criminalità organizzata.

Il cinema riscopre Napoli. Eppure il cinema a Napoli c’è sempre stato – basti pensare a Totò, che nei prossimi mesi verrà celebrato a 50 anni dalla scomparsa (vedi box) – anche se l’attuale scena partenopea resta molto distante da quella, ad esempio, degli anni Novanta dice a cena in un ristorante sul lungomare Cristina Donadio, la spietata boss “Scianèl” nella serie “Gomorra”, attrice diretta spesso da Pappi Corsicato:

«Oggi è diverso: Napoli diventa protagonista, ognuno vuole narrarla a modo suo: c’è la Napoli di Castel Volturno, quella di “Gomorra” e quella di “Made in Sud”, quella delle periferie e quella del Vomero. I registi hanno voglia di raccontare questa contraddittoria, meravigliosa, insopportabile città», prosegue l’attrice, tra i protagonisti insieme a Pina Turco e Massimiliano Gallo de “La parrucchiera”, deliziosa commedia tra “Bollywood” e Pedro Almodóvar, canzoni di Tony Tammaro, Foja ed Emiliana Cantone, diretta da Stefano Incert.

Tra il mare e il Vesuvio si respira un’aria nuova, circolano storie originali raccontate con maestria. È il caso di “Indivisibili” di Edoardo De Angelis, 38enne regista napoletano tra i più brillanti della sua generazione (“Mozzarella Stories”, “Vieni a vivere a Napoli”).

Su un punto concordano registi, attori, sceneggiatori e produttori: negli ultimi anni nel capoluogo campano è stato fatto molto, ma adesso bisogna dare continuità, formare le maestranze, lasciar sedimentare il fermento: «Non c’è nostalgia delle “Sirene”, ma uno sguardo rivolto al futuro, anche dal punto di vista produttivo. Napoli si presta: è la città più avanzata del mondo perché la più vicina all’apocalisse».

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