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Napoli, 30 anni fa il secondo scudetto. Il racconto da brividi di quella memorabile cavalcata

Il Napoli 30 anni fa vinse il secondo scudetto, quello della rivincita e consacrazione. Il primo scudetto fu meraviglioso, ma il secondo fu intenso.

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A 30 anni dal secondo scudetto del Napoli, lo scrittore Bruno Marra,autore di Brunapoli, racconta cosa accadde in quella memorabile stagione, tra alti e bassi fino alla pace del cuore:

 30 ANNI FA IL SECONDO SCUDETTO DEL NAPOLI

C’era un meraviglioso pomeriggio di sole quando il Napoli 30 anni fa vinse il secondo tricolore. Tutti ricordano il 10 maggio 1987, data iconografica scolpita nel marmo del primo scudetto. Eppure quel 29 aprile 1990 aveva un sapore addirittura superiore.
Vedete, il primo scudetto fu quello del battesimo, dello stupore, della incredulità, della felicità dopo 60 anni. Lunghi e amari. Come i caffè che non si fanno a Napoli.

Quel primo trionfo arrivò col favore del popolo intero, non sono quello azzurro ma addirittura quello italiano. Destava curiosità e accondiscendenza borghese vedere la “prima volta” di una squadra simpatica, appassionata eppur storicamente perdente. Tutto il calcio italiano si affacciò alla finestra per osservare divertito come avrebbero festeggiato quelli lì, i sacerdoti del folclore. E qualcuno scese anche dalla Torre d’Avorio per darci una benevola pacca sulla spalla. Come il contentino che si dà agli emarginati.

Bene, quel Napoli del 1990, invece, la simpatia se l’era già bell’e tolta di dosso. Il folclore divenne ardore e tutta gli italiani dalla finestra levarono i fiori per metterci i cannoni. Venivamo dalla vittoria in Coppa Uefa dell’anno prima, una cavalcata strepitosa che fu più esaltante di una Coppa dei Campioni. Un balsamo benefico che riuscì, però, solamente a lenire il dolore per una ferita mai rimarginata: lo scudetto perso contro il Milan del 1 maggio 1988. Una prece ferale che ogni napoletano portava ancora sul cuore.
Ricorso storico e destino fatale anche in quella stagione ce li ritrovammo di fronte. Il Milan di Sacchi, degli olandesi, della fiorente Milano da bere e da amare e dell’incipiente Impero di Silvio Berlusconi. Un colosso, un gigante, un promontorio impressionante che fece dell’edonismo il culto nazionale.
Ancora loro, ancora noi. Un duello più profondo di una semplice sfida, con una valenza sociale che andava ben oltre un titolo da copertina. Angeli azzurri contro Demoni rossoneri, come l’eterno intreccio di eretici e profeti.

LO SCUDETTO NEL SEGNO DI MARADONA

L’ anno del secondo scudetto del Napoli cominciò maluccio. L’estate fu funestata dall’assenza di Maradona. Diego era insolentito, forse stanco, sicuramente oppresso e schiacciato da amore e responsabilità. Chiedeva a Ferlaino la libertà incondizionata di poter andar via, per l’illusoria fuga da una prigione dorata. Non vuole tornare.

Arriva la voce che sta placidamente in Argentina a pescare i “Dorados” pesci pregiati che per un mese da noi diventarono più famosi dei saraghi.
Il Napoli, che aveva come nuovo allenatore Albertino Bigon, un vero “signore” per gesti e parole, iniziò il campionato senza il 10, senza il capitano, senza ‘o nennillo, senza “ISSO”.

Però cominciammo bene uguale. Tre vittorie e un pareggio nelle prime 4. Fino al sospirato l “buen rientro” di Diego. Barba lunga, quasi come metafora, ma di nuovo pronto a zittire il mondo.

A metà settembre il Re riabbraccia casa sua, in un Napoli-Fiorentina che sin lì aveva incoronato il piccolo principe Roberto Baggio. Maradona parte in panchina, entra nel secondo tempo con il Napoli sotto 2-0.

Sbaglia un rigore. Sembra la nemesi del “c’era una volta”. E invece è l’inizio della favola. La ribaltiamo 3-2. Siamo primi e siamo vivi.

https://www.youtube.com/watch?v=b39BzkA_vOw

Fu una stagione napoleonica, tre volte nella polvere tre volte sull’altare. Con alti e bassi che fecero vibrare i polsi.
Il Napoli prende a schiaffoni il Milan e manda il Diavolo all’inferno: 3-0 nella prima domenica di ottobre. Ma al ritorno vincono loro allo specchio, tre lampi di fuoco a San Siro. Torna l’incubo.

Dopo essere stati primi in classifica per 7 mesi, subiamo un altro diabolico sorpasso. Ma stavolta non finisce qui. Nello sprint finale il Napoli risale, torniamo a pari punti ad inizio aprile, dopo una settimana di veleno da raccontare.

La monetina di Alemao a Bergamo fa urlare allo scempio, nella stessa domenica in cui il vero scandalo si consuma a Bologna dove il Milan viene graziato per un pallone entrato nella porta rossonera di quasi un metro. L’arbitro era Lanese. A Napoli lo ribattezzano mi..lanese.

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NAPOLI, SCUDETTO CON LO STEMMA BORBONICO

Siamo ancora testa a testa. In Italia si parla già di spareggio. Mancano due giornate. Il Napoli va a Bologna, il Milan a Verona. La “fatal Verona”. Il Dall’Ara è completamente azzurro. Sotto la Curva San Luca ne facciamo 3 in un quarto d’ora. Careca, Maradona, Francini. Con un sinistro di Diego che ribalta le regole della trigonometria. Passo e chiudo. Finisce 4-1 con la scorribanda di Alemao.

Ma il gol più bello arriva via radio. Lo segna al 90esimo il Verona, che al Bentegodi affossa il Milan e riabilita la reputazione di Giulietta.
All’ultimo giro ci basta pareggiare con la Lazio. Vinciamo 1-0, con Baroni che mette le ali all’urlo infinito del San Paolo.
Napoli ribalta il potere economico e rispolvera dall’armadio quella bandiera con il secondo scudetto che il Milan due anni prima aveva usurpato. Rimettendo lo stemma Borbonico in cima all’Impero Berlusconiano.

Il primo scudetto fu meraviglioso, ma il secondo fu più intenso. Fu quello che ci liberò da un incubo, restituendoci rivincita e consacrazione. Perché il 29 aprile di 30 anni fa vincemmo il tricolore che ci diede per sempre la pace del cuore…

https://www.youtube.com/watch?v=9QVKUUjJlkw

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