Razzismo, Koulibaly racconta quanto accadde contro la Lazio. Il difensore del Napoli parla del razzismo nel calcio e racconta la sua esperienza.
Koulibaly, che oltre ad essere senegalese ha l’aggravante di vestire la maglia del Napoli, da cinque anni viene accolto negli stadi italiani con cori irridenti e versi della scimmia: un martirio che il buon Kalidou ha deciso di accettare e portare avanti in silenzio.
RAZZISMO NEL CALCIO
Non così Lukaku: che ai primi buuu di dileggio ricevuti nella sua prima trasferta a Cagliari non ha perso tempo e ha scritto una lettera aperta al calcio non solo italiano, ma mondiale. Purtroppo, scrive Paolo Ziliani, Lukaku non conosce il calcio italiano: se gliel’avessero spiegato, forse all’Inter non sarebbe mai venuto.
Non sa, il bomber belga di origine congolese, che la Figc è l’unica Federazione al mondo ad avere avuto un presidente squalificato per 6 mesi per razzismo, sia da Uefa che da Fifa, dopo la famosa dichiarazione: “Opti Poba è venuto qua, che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio”. Mangiava le banane.
Come le scimmie evocate dai cretini in curva. Non sa, il pupillo di Antonio Conte, che in Italia anche i club flirtano da sempre con i razzisti da stadio.
A stendere tappeti rossi ai razzisti ci sono gli arbitri, che fingono sempre di non vedere e di non sentire: e se uno non si adegua e sospende la partita, come Gavillucci in Sampdoria-Napoli del 13/5/18, tempestata da cori pro-Vesuvio e anti-Koulibaly, a fine stagione viene messo alla porta.
KOULIBALY VITTIMA DEL RAZZISMO
Proprio il difensore del Napoli, Kalidou Koulibaly ha parlato di razzismo al Player’s Tribune.
Koulibaly si è soffermato su un episodio particolare: “Quando giocai a Roma con la Lazio fu molto triste. I tifosi mi facevano il verso della scimmia… Pensai che fosse un problema.
L’allenatore aveva capito che la cosa mi scocciava, vedeva il mio comportamento in campo. Diceva: ‘Kouli non sta andando bene, dobbiamo fermare la partita’, e l’arbitro Irrati decise di accontentarlo.
Abbiamo stoppato per cinque minuti e all’altoparlante venne intimato di cessare i cori, ma non successe. La cosa mi ha intristito.
Ricordo prima del match che il bambino con cui ero entrato in campo mi aveva chiesto di regalargli la maglietta.
Gli avvenimenti mi avevano fatto infuriare. Non so che sia successo, ma ho ripensato alla promessa fatta, l’ho trovato e gli ho dato la maglietta.
Lui mi ha detto: ‘Mi dispiace per quello che è successo’. Un piccolo bambino dispiaciuto per quanto accaduto… Per quello che avevano fatto non so quante stupide persone. Gli ho detto di non preoccuparsi e l’ho ringraziato”.
Non più tardi di un anno fa la Juventus si è vista squalificare 25 ragazzini dell’under 15 (bambini, praticamente) che dopo aver battuto il Napoli intonarono e diffusero in rete il coro: “Abbiamo un sogno nel cuore: Napoli usa il sapone”. Federazione, club, calciatori, giornalisti, arbitri, giovani promesse: i razzisti sono tra noi, il razzismo siamo noi.