Cultura Napoletana

L’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano. Forgione racconta la vera storia

La vera storia dell’incontro tra Garibaldi e vittorio Emanuele II. Angelo Forgione racconta i retroscena di quel 26 ottobre 1860.

In questi giorni si celebra la ricorrenza dello storico incontro di Teano, che vide come protagonisti Giuseppe Garibaldi e il Re d’Italia Vittorio Emanuele II. Su questo evento è intervenuto lo scrittore e meridionalista Angelo Forgione.

L’incontro di Teano

Il 26 ottobre 1860 è la data dello storico incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, scrive Forgione, confuso dalla storiografia ufficiale nei significati e pure nella località in cui si svolse.
I libri di storia riportano Teano, che in realtà è il luogo in cui si salutarono dopo aver cavalcato insieme. Il saluto d’incontro, invece, avvenne al Quadrivio della Catena, nel comune di Vairano Patenora, dove oggi è tutto un festeggiamento, tra applausi e suoni di fanfara di un paese meridionale che celebra il giorno in cui il Meridione fu conquistato dai piemontesi.

Celebra anche Teano, che continua a ritenersi il luogo dell’incontro e non quello del commiato, anzi, del licenziamento vero e proprio di Garibaldi, al quale fu intimato di farsi da parte e tornarsene a Caprera perché ormai il Regno delle Due Sicilie, con una sovranità e una monarchia italiana legittime, era stato occupato con la farsa massonica della sommossa popolare di carattere rivoluzionario e Vittorio Emanuele II poteva proseguire l’operazione secondo le volontà francesi e inglesi.

Lo scontro tra Garibaldi  il Re di Sardegna

“L’incontro fu tutt’altro che amichevole, e si svolse in un’atmosfera tesissima. Garibaldi veniva da Napoli, dove aveva vigilato sulla farsa del plebiscito. Se avesse potuto, avrebbe mandato al diavolo il Re di Sardegna, il quale, tra l’altro, arrivò da nord in anticipo, in compagnia di Farini e Fanti, cioè due tra gli uomini che più odiavano Garibaldi e che Garibaldi più odiava, e ingannò tempo e fame bivaccando nella Taverna della Catena, una trattoria sulla strada.

L'incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano fu una farsa...
Taverna della Catena come appariva all’epoca dell’incontro di Teano

Ecco il Re d’Italia

“Quando il Garibaldi vide arrivare Vittorio Emanuele, lo salutò urlando «ecco il Re d’Italia», come a sottolineare che lo stava diventando grazie a lui. Il piemontese si rifiutò di passare in rassegna il seguito garibaldino, e i due iniziarono a passeggiare a cavallo in direzione di Teano, mentre il Savoia chiariva le modalità di chiusura dell’opera garibaldina”.

Saccheggio della reggia di Caserta

“Garibaldi, il 6 novembre, sciolse il suo esercito, non prima però di aver schierato in riga tutti i suoi uomini davanti alla saccheggiata Reggia di Caserta, sperando di poter ricevere gli onori da quel re al quale aveva regalato il Mezzogiorno. L’attesa durò ore, e fu vana. Il “Re galantuomo” puntò direttamente su Napoli, non una città qualsiasi avuta in dote ma la più importante capitale d’Italia, l’unica di rango davvero europeo della Penisola”.

 

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L’entrata a Napoli

Garibaldi raggiunse Vittorio Emauele II più adirato che mai, e il giorno seguente, dopo un’asprissima discussione, i due sfilarono in carrozza per la Capitale borbonica occupata sotto una fitta e profetica pioggia. Garibaldi aveva chiesto di essere nominato viceré dell’Italia meridionale, ottenendo rifiuto, e rifiutò a sua volta di diventare generale dell’esercito piemontese.

Il Generale abbandonò Napoli per Caprera il 9 novembre, dopo aver salutato privatamente l’ammiraglio inglese Mundy sulla nave da guerra britannica Hannibal, ringraziandolo per il decisivo aiuto ricevuto. Il Re di Sardegna lasciò la città solo il 26 dicembre, una volta accertatosi che le operazioni belliche a Gaeta volgevano a favore dell’esercito piemontese”.

La farsa tra Vairano e Teano

“Festeggiare la farsa tra Vairano e Teano interessa solo a Vairano e Teano. Nessun capo di Stato, nessun primo ministro ha mai presenziato alle loro celebrazioni per dire “qui è nata l’Italia” conclude Forgione.

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