Cultura NapoletanaRicette della cucina napoletana

La sfogliatella impiegò 150 anni per arrivare a Napoli

La sfogliatella, un intrigo molto dolce, nato nel convento di Santa rosa ad Amalfi e arrivato poi a Napoli grazie a Pintauro.

LA SFOGLIATELLA: STORIA E CURIOSITÀ

Amalfi, convento di Santa Rosa, anno 1600 circa. Il convento e’ abitato dalle monache di clausura, le quali come da protocollo, producono tutto, in regime di autarchia. I soldi sono pochi e servono per i casi di estrema necessità. Una suora, addetta alla cucina, si ritrova con certo quantitativo di semola cotta nel latte, avanzato, dalle preparazioni precedenti.

Per non buttarlo decise di farne un dolce, del resto gli ingredienti non mancavano, aria buona, prodotti della terra, latte fresco. Insomma la sorella lavorò alacremente con la fantasia, fino a creare un dolce delizioso.
La particolarità di questo dolce fu quella di rinchiuderlo in un “cappuccio a mo’ di monaco”.
Il dolce veniva venduto al popolo e ai pellegrini tramite la classica ruota che si trova in tutti i monasteri di clausura.
Le suore poggiavano i dolci ed altri prodotti sulla ruota , questa girando usciva all’esterno permettendo ai “clienti” di prelevare la merce e poggiare il danaro e/o merci, la ruota quindi veniva fatta girare nuovamente portando all’interno del convento il suo contenuto.

L’IDEA DI PINTAURO

Nel 1818, un oste Pasquale Pintauro, entrò in possesso della ricetta della sfogliatella, la Santa rosa ci aveva messo 150 anni per percorrere 70 km, la distanza tra Napoli ed Amalfi.
L’oste si accorse che il dolce che lui aveva gradatamente rielaborato, riscuoteva un successo enorme, a quel punto Pintauro, nel 1875 trasformò la sua osteria in pasticceria.

La pasticceria di Pasquale Pintauro fino al 1818 era un’osteria. Probabilmente, ottenne la ricetta segreta della Santarosa da una zia suora.

Pasquale Pintauro in breve tempo trasformò l’osteria in pasticceria e la sua intuizione fu quella di “migliorare” la ricetta eliminando la crema e amarena e aggiungere un altro tipo di ripieno con ricotta, semola e canditi.

Gustose e profumatissime fuori la pasticceria si formavano lunghe code di clienti impazienti di assaggiare questa prelibatezza tanto che da qui nacque il detto “Tene folla Pintauro“, rivolto ad una persona ammirata e ricercata.

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