Il Teatro San Carlo dopo l’incendio del 1816, divenne il teatro più bello d’Europa. Ecco la storia degli eventi che portarono alla ricostruzione in un solo anno.
Il Teatro San Carlo dopo l’incendio del 1816
È il 12 gennaio 1817, nel giorno del compleanno del sovrano Ferdinando IV si inaugura il nuovo Teatro di San Carlo.
Oggi nessuna cerimonia lo ricorda, anche se la sala nata esattamente duecento anni fa è praticamente quella che si vede oggi . Due secoli fa l’evento fece scalpore.
Il teatro era stato realizzato in meno di un anno,tempi da record, dall’architetto toscano Antonio Niccolini do poche, nella notte del 13 febbraio del 1816, un incendio aveva distrutto completamente il meraviglioso salone settecentesco disegnato dal Medrano aperto il 4 novembre del 1737 nel giorno dell’onomastico del Re Carlo che lo volle edificare.
«Non c’è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea», scrive Stendhal, presente alla seconda, fastosa, inaugurazione.
I Borbone vollero un teatro magnifico
Il sovrano Borbone, infatti, ha fatto le cose in grande anche se dietro l’impresa c’è stata la borsa e l’organizzazione manageriale di un ex garzone di bottega milanese cui da qualche anno è data in appalto la gestione dei Regi Teatri–San Carlo e Fondo– e delle lucrosissime attigue sale da gioco, Domenico Barbaja.
La prima stima di spesa è di 450 mila ducati, anche se alla fine lo stesso Barbaja calcolava una cifra di molto inferiore, 241 mila ducati. Fatto sta che la ricostruzione non è agevole. Le fiamme, infatti, avevano distrutto sala e palcoscenico lasciando cumuli di macerie fumanti per giorni,visibili da tutta la città.
Il San Carlo ancora una volta divenne il teatro più bello d’Europa
L’incendio del San Carlo è un colpo al cuore della monarchia, al suo prestigio, alla sua vetrina più illustre. Farlo rinascere dalle sue ceneri è un imperativo categorico.
Sono passati solo dieci giorni dalla terribile notte che tenne sveglia l’intera città, quando, il 22 febbraio, con un regio decreto, Ferdinando IV ordinò la ricostruzione del teatro entro l’anno «nel più breve tempo possibile e nella stessa forma e decorazione».
Solo per spostare le rovine occorsero 400 uomini al lavoro per sessanta giorni.
Il resto fu un miracolo grazie all’abilità degli artigiani meridionali fatti affluire da tutto il Regno per contribuire al completamento dell’opera mentre Giuseppe Cammarano dipingeva il velario del soffitto (Apollo che presenta a Minerva i più grandi poeti del mondo).
Un miracolo dovuto soprattutto al genio di Niccolini che immediatamente si mise al lavoro per realizzare il «suo» San Carlo grazie a una commissione affidatagli dal Re attraverso il ministro dell’Interno e il Duca di Noja, sovrintendente ai teatri della capitale.
Un’attività febbrile, riuscita e ben remunerata dalla Corte tanto che nel giugno dello stesso Niccolini nel 1816 gli venne affidata anche la costruzione della vicina Basilica di San Francesco di Paola. Più d’ogni altra cosa, però, l’architetto cercò di porre rimedio ai fattori «che facevano torto alla sua bellezza».
«La prima impressione è d’esser piovuti nel palazzo di un imperatore orientale. Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita», scrive ancora Stendhal nel suo reportage. «Questa sala, ricostruita in trecento giorni, è come un colpo di Stato. Essa garantisce al re,meglio della legge più perfetta, il favore popolare».
[wp_ad_camp_3]La magnificenza del Teatro San Carlo
Henry Beyle, raccontava ai suoi lettori d’Oltralpe non solo la magnificenza del teatro San Carlo ma anche dello spettacolo d’apertura.
Lo scrittore, ospite in quei giorni del palazzo in via Toledo del Marchese di Salsa affermava: «Il Sogno di Partenope» il melodramma allegorico di Mayr su libretto di Urbano Lampredi in cui per magnificare il sovrano e la ricostruzione del teatro si metteva in scena proprio l’incendio che lo distruggeva.
Poi una nuvola caduta dal cielo tra Partenope, Apollo e Minerva faceva immaginare che tutto fosse stato soltanto un sogno. Comparivano le scene del ballo ideato da Salvatore Viganò e intitolato «La virtù premiata».
Il teatro era lì,splendente di ori, sete e cristalli, sotto gli occhi di tutti“.