Rassegna Stampa

Spalletti ferito dall’Inter, gli hanno rimproverato di tutto. Cerca la rivincita

Inter-Napoli sarà il big match della tredicesima giornata di campionato

Inter-Napoli sarà anche il ritorno di Luciano Spalletti a San Siro, stadio in cui il tecnico toscano ha allenato per due anni. Il Mattino nell’edizione odierna dedica un focus al ritorno di Spalletti a Milano, sponda nerazzurra. Squadra e società che gli hanno dato sentimenti ed emozioni forti ma contrastanti:

Una rivincita. Certo, forse più che contro la Roma. Torna a Milano, contro l’Inter che prima di mandarlo via lo ha lungamente trattato come una sorta di re Travicello. Mordersi la lingua, per prima cosa. Sarà dura: Luciano Spalletti si prepara al suo ritorno a San Siro dove ha trascorso due stagioni piene di alti e bassi.
D’altronde, Lucianone da quando è tornato in Italia, in tre stagioni e mezzo ha sempre centrato l’obiettivo in campionato: terzo e poi secondo con la Roma, quarto e terzo con l’Inter, presa settima e fuori dalle coppe e portata sempre a quella Champions che le ha permesso di cominciare a pensare in grande. Ma negli ultimi mesi del 2019, da quando era uscito fuori dalla Champions dopo un pareggio con il Psv, ha vissuto con il fiato di Conte sul collo. «Mica siamo a scherzi a parte, mi manderanno via…», disse deluso al termine del campionato. E per due anni è rimasto a casa. Poi il Napoli. Ma quei due anni all’Inter sono stati interminabili e pieni di successi.

Spalletti cerca la rivincita contro l’Inter.

Inter-Napoli: fischi per Spalletti?

Il tecnico del Napoli non si scompone facilmente, ma la polemica con Totti gli dà fastidio anche se Spalletti ha sempre risposto con stile alle critiche romaniste. Al suo ritorno a Milano si attende un’accoglienza diversa.

Prima l’Olimpico, ora San Siro. La prima volta. Ecco qui c’è l’incognita, però: come verrà accolto? Qui non c’è un Totti, non c’è un serie tv dove lui è il lupo cattivo e il Pupone una specie di cappuccetto rosso. Mordersi la lingua, e sorridere, anche a denti stretti, è la parola d’ordine. Troverà uno stadio pieno di interisti. È sicuro di aver fatto sempre il suo dovere, gli dispiacerebbe essere accolto dai fischi. A Roma se lo aspettava, a Milano no. Luciano Spalletti avvertirà sensazioni discordanti, e si dovrebbe stare nella sua testa per comprendere il frastuono dei pensieri, anzi forse meglio di no, che già a volte i discorsi sono torrenziali e inafferrabili, figurarsi i combattimenti e gli sbalzi dell’anima. È stata la sua città. Se a Roma è andato via da reietto perché la gente lo considerò l’artefice dell’addio di Totti, a Milano sarà differente. Anche perché i suoi obiettivi li ha sempre centrati. Verrà fischiato? Lui pensa che non sarà così. 90 partite in due anni sulla panchina interista, quell’improvviso dimettiti dopo la mancata qualificazione agli ottavi di finale della Champions anche per colpa del Barcellona che contro il Tottenham schierò sei titolari in panchina (Messi compreso). Un motivo in più per far vedere chi è Luciano Spalletti, nella prima sfida da ex. Visto peraltro che ci arriva da primo in classifica, con sette punti in vantaggio rispetto ai campioni d’Italia.

Zhang e Marotta fecero fuori Spalletti

Nonostante abbia sempre centrato i suoi obiettivi Spalletti aveva capito che il suo tempo all’Inter era finito.

Mettiamola così. Appena arrivò Marotta al fianco di Zhang fu chiaro a Spalletti come sarebbe andata a finire. Ma è rimasto per due anni a busta paga dell’Inter. Gli hanno rimproverato di tutto: i flop di Candreva, Nainggolan e Perisic. Lui si è rialzato ogni volta. Ha fatto fino alla fine il suo dovere e nella gara decisiva per andare in Champions ha persino mandato in serie B il suo migliore amico nel calcio, Andreazzoli. Perché Spalletti è uomo tutto di un pezzo. L’Inter lo ha ferito, quell’esonero non lo ha mai mandato giù. Forse il peggior addio, forse peggio di quello dalla Roma. Pensare azzurro, pensare solo al Napoli: non c’è spazio per altro per Luciano. In questi giorni nella sua Certaldo, prima delle ripresa attesa domani. Qui trattato come un eroe, a San Siro per sei mei come il pianista su cui sparare.