Roberto Baggio perde la corona: totalmente rinnegato dal calcio italiano | Gli preferiscono chiunque
Baggio - fonte lapresse - napolipiu.com
Nonostante si possa considerare uno dei calciatori italiani più forti della storia, Baggio non sempre è visto di buon occhio.
Il rapporto tra Roberto Baggio e il calcio italiano è sempre stato segnato da una tensione costante tra talento e incomprensione. Idolatrato dai tifosi per la sua classe e sensibilità, il Divin Codino non è mai stato pienamente accolto dalle istituzioni calcistiche, che spesso lo hanno considerato un elemento difficile da gestire. La sua indole indipendente e la capacità di interpretare il gioco in maniera personale lo resero un campione unico, ma anche un corpo estraneo rispetto a un sistema rigidamente tradizionale.
Le scelte dei commissari tecnici hanno contribuito a rendere ancora più evidente questa frattura. Pur essendo uno dei più grandi talenti della storia italiana, Baggio fu escluso in momenti cruciali: il caso più emblematico resta il Mondiale del 2002, quando Giovanni Trapattoni decise di non convocarlo nonostante il suo recupero dall’infortunio. Queste decisioni alimentarono la percezione di un calcio italiano incapace di valorizzare i suoi interpreti più geniali.
A livello di club, la sua carriera fu segnata da trasferimenti controversi. Il passaggio dalla Fiorentina alla Juventus provocò rivolte popolari a Firenze, mentre l’esperienza al Milan e all’Inter fu spesso ostacolata da allenatori che non lo consideravano centrale nei loro progetti. Solo al Brescia, a fine carriera, Baggio trovò finalmente un ambiente capace di esaltare la sua libertà creativa.
Questa storia di conflitto lascia un’eredità complessa: Baggio rimane una delle icone più amate del calcio italiano, ma anche il simbolo di un sistema che non seppe mai comprenderlo fino in fondo. Il suo percorso racconta quanto sia difficile per un artista inserirsi in un contesto dove l’ordine e la disciplina prevalgono sul genio individuale.
Ulivieri contro Baggio
Le parole di Renzo Ulivieri, rilasciate alla Gazzetta dello Sport, hanno acceso un dibattito acceso sul valore di Roberto Baggio. Secondo l’ex tecnico, il talento più grande non sarebbe stato il Divin Codino ma Alviero Chiorri, superiore persino a Mancini. Una provocazione che non sorprende, considerando che lo stesso Ulivieri non lo voleva al Bologna, arrivando a dire a Gazzoni: «Con Baggio si va in Serie B». I fatti, però, raccontarono altro: Baggio segnò 22 gol e conquistò la convocazione al Mondiale del 1998.
Il pensiero scritto su Facebook da Francesco Vitale mette in evidenza quanto ingiusto sia ridimensionare la grandezza di Baggio. Chiorri, con tutto il rispetto, è oggi ricordato solo da Samp e Cremonese, mentre Baggio rimane un’icona mondiale, amato e celebrato ovunque. Persino il paragone con Mancini appare forzato: basta chiedere ai tifosi blucerchiati chi dei due abbia lasciato un segno indelebile.

Un mito indiscutibile
Vitale sottolinea come non serva essere stati allenatori di Serie A per riconoscere l’immensità di Baggio. Chi lo discute, sostiene, è semplicemente nel torto. L’ex numero 10 rappresenta una leggenda alla quale bisognerebbe solo inchinarsi, al di là di simpatie o antipatie personali.
Infine, Vitale evidenzia come l’attuale ruolo di Ulivieri nella FIGC renda ancor più gravi certe dichiarazioni. In questo contesto, appare comprensibile la scelta di Baggio di autoescludersi dal calcio italiano: un ambiente che, invece di celebrarlo, spesso lo ha mortificato.
