Reato grave commesso: Giuntoli inibito 2 anni e mezzo | Sconta i peccati commessi a Napoli
Cristiano Giuntoli (LaPresse) Napolipiu
L’ex dirigente del Napoli è finito nell’occhio del ciclone dopo gli ultimi avvenimenti. Ora si dovranno capire gli sviluppi.
L’inibizione è una sanzione disciplinare che colpisce dirigenti, allenatori o tesserati non appartenenti alla categoria dei calciatori. Si tratta di una misura adottata dalla giustizia sportiva in seguito a comportamenti considerati contrari alle norme federali, come dichiarazioni offensive, irregolarità amministrative o atteggiamenti scorretti durante le gare. Diversamente dalla squalifica, che riguarda l’attività di campo, l’inibizione limita le funzioni e i poteri del tesserato all’interno della società.
Durante il periodo di inibizione, il soggetto colpito non può rappresentare ufficialmente il club, firmare documenti, accedere agli spogliatoi o intrattenere contatti diretti con l’arbitro e i tesserati in occasione delle partite. Anche la presenza in panchina o nelle aree tecniche è vietata. Tuttavia, l’inibito può continuare a svolgere attività non operative o di consulenza, purché non interferisca con le decisioni ufficiali della società.
Le inibizioni vengono decise dal giudice sportivo o dal Tribunale Federale Nazionale, in base alla gravità dell’infrazione. La durata può variare da pochi giorni a diversi mesi, nei casi più seri anche oltre un anno. È inoltre possibile presentare ricorso alla Corte d’Appello Federale per ottenere una riduzione della pena.
Questo tipo di sanzione ha un valore simbolico e disciplinare importante: serve a tutelare l’immagine del calcio e a garantire che chi ricopre ruoli di responsabilità si comporti con correttezza e rispetto delle regole. In un sistema sempre più attento alla trasparenza, l’inibizione è uno strumento essenziale per mantenere l’integrità del movimento calcistico italiano.
Ipotesi di inibizione
L’inchiesta della Procura di Roma sull’operazione che nel 2020 portò Victor Osimhen dal Lille al Napoli continua a far discutere. L’accusa sostiene che la valutazione complessiva di 70 milioni sarebbe stata gonfiata attraverso l’inserimento di quattro contropartite tecniche — Karnezis, Liguori, Manzi e Palmieri — a cifre ritenute artificialmente alte, generando così plusvalenze fittizie nei bilanci del club. Tra i documenti emergono messaggi interni che gettano ulteriore luce sulla trattativa e sui dubbi di alcuni dirigenti.
Andrea Chiavelli, amministratore delegato del Napoli e uomo di fiducia di Aurelio De Laurentiis, avrebbe espresso perplessità sull’operazione, scrivendo in un messaggio al direttore sportivo Cristiano Giuntoli: “Speriamo rifiutino… sennò dovremo darci alle rapine”. Una battuta ironica, ma significativa del clima di tensione che accompagnava l’affare.

Possibile sanzione disciplinare
Nel caso in cui le accuse venissero confermate, per i dirigenti indagati potrebbe arrivare un’inibizione di due anni e mezzo, simile a quella inflitta a Fabio Paratici per il caso plusvalenze della Juventus. Tale sanzione impedirebbe loro di operare in qualsiasi ruolo dirigenziale o rappresentativo nel calcio italiano.
Il 6 novembre il GUP di Roma deciderà sull’eventuale rinvio a giudizio: un passaggio chiave per capire se la vicenda Osimhen avrà anche conseguenze sportive oltre che giudiziarie.
