Cultura Napoletana

Nessuno è mai riuscito a distruggere Castel Sant’Elmo ecco perché’

Castel Sant’ Elmo

Protected by Copyscape Web Plagiarism Software Una fortezza indistruttibile grazie a…

Di: Francesco Pollasto

Ce la siamo vista brutta con gli Angioini, certamente, e gli ungheresi, piuttosto arrabbiati (einteressati al regno), con Carlo di Durazzo autorizzato a concorrere al trono di Napoli, ma ucciso malamente in terra magiara.

Assedi e terremoti fino alla restaurazione di Carlo VII, quando Castel Sant’Elmo fu al centro delle vicende francesi, nella contesa tra Francesco 1 e Carlo v, con il visconte di Lautrec che ebbe la brillante idea di tagliare la conduttura al formale e scatenare la malaria.

Dopo la ricostruzione di don Pedro, il 12 dicembre 1587, un fulmine, caduto sulla polveriera, fece saltare in aria buona parte della fortezza. La detonazione e lo spostamento d’aria furono tali che per un lungo raggio vennero danneggiati Santa Maria La Nova, Santa Chiara, San Pietro Martire, l’Annunziata, l’ospedale Incurabili, nonché abitazioni e tutto quello che si trovava sulla traiettoria.

Non mancò di essere al centro della sommossa di Masaniello, quando il popolo tentò di assalirlo per prenderne il controllo, ma il viceré, per guadagnare tempo, fece girare la voce che solo con il consenso del sovrano il castello si poteva arrendere. Temporeggiarono per meglio armarsi fino a quando lui stesso non ordinò che si sparasse sulla città. Solo l’intervento del principe di Massa, eletto del popolo, fece avanzare una tregua. Non si risparmiò alla città il cannoneggiamento, con il sostegno della squadra navale spagnola. Per tutta risposta duemila napoletani tornarono alle armi con l’aiuto del conte di Guisa e conquistarono il forte. I festeggiamenti andarono a farli al torrione del Carmine, dopo aver cavalcato trionfanti per i quartieri, inneggiando alla Serenissima Real Repubblica napoletana.

Nel 1799 la fortezza fu presa dal popolo sostenitore del re, Ferdinando IV, lontano dal regno, fino a quando i giacobini napoletani, sollecitando la venuta di Championnet, non riuscirono a entrarvi issando, il 21 gennaio 1799, il vessillo giallo, rosso e azzurro della Repubblica Partenopea, dichiarando che quella Repubblica nasceva a Sant’ Elmo.

Bandiera che fu abbassata per ultima con la venuta di Ruffo. L’8 settembre 1860 toccò a Garibaldi, il “liberatore”, dare l’ordine di bombardare la città da queste alture, ma i due comandanti De Marco e Favelli si rifiutarono di compiere quest’ennesima azione fratricida. Una posizione che li portò da comandanti della fortezza a ospiti delle prigioni.

A Mariano d’Ayala si deve l’estrema difesa dell’edificio quando il popolo, non potendone più di essere ostaggio puntato dalle armi del castello, si mosse per distruggerlo.

Nel 1943 il destino di questa potente fortezza, eternamente in bilico tra attacco e difesa (di se stessa), armata fino ai denti, in grado di sostenere le più passionali rivolte e i peggiori inganni e attacchi, dovette affidarsi alle lacrime di una donna.

I tedeschi in ritirata introdussero a Sant’ Elmo dieci casse di dinamite, con l’intento di farlo saltare in aria. Fu il pianto di un’anonima vedova svizzera che, dopo averli commossi, li fermò: partendo, i soldati lasciarono il castello intatto.

Fonte: Misteri, segreti e storie insolite di Napoli eNewton
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