Bruno Marra, giornalista della Ssc Napoli ci proprone una bellissima analisi sul fenomeno del Napoli “Gabbiadini”.
Un excursus sulla vita del giovane campione e il suo arrivo a Napoli
Di di Bruno Marra tratto da “è azzurro” da oggi in edicola
Lo sguardo profondo immerso in un volto levigato e articolato che sembra scolpito nel marmo, con un rivolo bizarro tra i capelli che bacia ed impreziosisce la fronte come un dipinto di Michelangelo. Manolo Gabbiadini pare uscito da un affresco neoclassico che nel profilo intreccia pudore e splendore, rivelandone l’introspezione.
E’ nato nel profondo nord Manolo “il freddo”, ma in appena due mesi ha sciolto la sua atavica glacialità in un abbraccio di calore ed in una nuova identità emotiva che gli poteva conferire solo la passione napoletana. E’ arrivato in una lunga serata di fine gennaio a Capodichino ed ha trovato l’aeroporto che sembrava uno stadio, stracolmo in ogni ordine di posto – come direbbero i cronisti di un’epoca romantica – con oltre mille napoletani a dargli il “Benvenuto al Sud”.
Lui che si è innamorato del calcio per colpa di una ragazza: la sorella Melania, più grande di lui di 8 anni. Fa la calciatrice “Mela” è lei che in famiglia porta i pantaloncini fino a raggiungere la Nazionale femminile. Manolo da bambino la vide giocare in un sabato qualunque accompagnato al campo dai genitori. Melania ad un certo punto tirò “una pigna” giusto all’incrocio che fece infiammare lo stadio. Manolo tornò a casa e disse: “papà voglio giocare a pallone anche io”.
Benedetta passione familiare e fatale DNA. Manolo si infilò nelle giovanili dell’Atalanta e dopo una vagonata di “pigne” divenne “Gabbiagol”. Eccolo il nuovo “craque” del calcio italiano. Un pugno e una carezza. Il “Gabbia” ammaestra la palla con arte sopraffina e poi la fa esplodere col guanto di paraffina. Ammalia e seduce con la sua grazia d’autore e poi ti colpisce dritto al cuore.
Manolo si chiama così perché in famiglia volevano un nome più esotico ed adrenalinico ed alla fine è stato il battesimo del destino. Il suo nome classico da toreador iberico sotto l’investitura di Don Rafè l’ispanico ha subito infilato la sua banderilla nell’Arena di Verona del quartiere clivense. E poi è arrivata pochi giorni dopo la “prima notte” del San Paolo con la sua primogenitura da bomber a casa nostra ed il suo secondo magico “Olè” nell’alcova di Fuorigrotta.
Il suo film preferito è “Alla Ricerca della Felicità”, ma ora “Gabbiagol” ha smesso di cercare. Questo ragazzo scolpito nel marmo con l’ impeto romantico ha trovato nella nostra Terra la giusta dimora dell’anima. A 23 anni è cominciata la sua nuova vita verso un sogno splendente d’azzurro. Perché Napoli è il nuovo Regno di Manolo il Freddo…