Diego, 14 anni, muore durante l’allenamento. Il calcio campano piange il suo numero 9

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Si è accasciato accanto alla porta, proprio dove amava fare gol. Diego De Vivo, 14 anni, attaccante della scuola calcio Cantera Napoli, è morto mercoledì sera sotto gli occhi del padre e dei compagni, mentre si preparava all’allenamento. Un arresto cardiaco fulminante, senza preavviso, che ha spento il sogno di un ragazzo cresciuto con il pallone tra i piedi e con un nome – Diego – scelto non a caso da suo padre Saverio, ultras della Curva B e devoto al mito di Maradona.

Come racconta Alessio Gemma sulle pagine di Repubblica Napoli, Diego era arrivato al campo di San Pietro a Patierno, al Cantera Stadium di via Selva Cafaro, quando si è improvvisamente accasciato a terra. Aveva appena iniziato a saltellare tra i coni per il riscaldamento. Il presidente della scuola calcio, Gianluca Festa, ha raccontato la tragedia con voce rotta:
«L’ho avuto tra le mani. Abbiamo fatto l’impossibile per rianimarlo: massaggio cardiaco, defibrillatore, respirazione bocca a bocca. Ma ci siamo subito resi conto che era un arresto cardiaco».

Inutili i soccorsi durati quasi un’ora. All’arrivo dell’ambulanza, era già troppo tardi. La magistratura ha disposto l’autopsia. Sul posto anche i carabinieri. Ad assistere alla scena, i genitori del ragazzo. «Non ho più Diego, per me la vita è finita», continua a ripetere la madre Maria, come riportato da Repubblica Napoli.

Sul colle di via Pisciarelli, dove abita la famiglia De Vivo, si è creata una processione di parenti, amici e tifosi. Saverio, il padre, ha una ditta di giardinaggio ma la domenica è sempre allo stadio. Prima con suo padre, scomparso cinque mesi fa, oggi con i figli. Una passione di famiglia. «Aveva appena tre anni e già contava i compleanni per iniziare la scuola calcio», ricorda la nonna Nunzia tra le lacrime. Alto, educato, sempre con il sorriso. Frequentava il primo anno del liceo scientifico sportivo “Righi”.

La zia Flora lo descrive così:
«Aveva già fatto provini con Juventus, Genoa, Cremonese. Anche il Napoli lo seguiva. Ma non si vantava mai. Era umile, lo dicevano gli altri quanto fosse bravo. Aveva un nutrizionista, un posturologo, mangiava bene, faceva tutto con serietà. I suoi genitori non gli hanno fatto mai mancare nulla».

Solo una settimana fa, Diego era stato all’Allianz Training Center di Torino, insieme ai pari età della Juve. Nei giorni precedenti al malore aveva avuto qualche linea di febbre, ma la pediatra aveva dato il via libera. «Aveva fatto visita agonistica, tutto in regola», ha spiegato ancora Gianluca Festa.

Diego non era il classico “scugnizzo”. Era rispettoso, concentrato, educato. «Io lo chiamavo il nuovo Scamacca. Aveva numeri fuori dal comune», ha detto ancora Festa. Haaland e Lewandowski erano i suoi idoli. Per lui, ieri, è stato disposto un minuto di silenzio su tutti i campi della Campania, su iniziativa del presidente regionale della Lega Dilettanti, Carmine Zigarelli.

I messaggi sui social raccontano l’impatto che Diego aveva avuto su tutti:
«Il campo era la tua casa. Chi ti ha visto giocare sa quanto amore ci mettevi. Continueremo a correre anche per te».

Le attività della Cantera sono state sospese. Ieri il campo era deserto, solo Gennaro Perreca, il suo allenatore, e il direttore generale Alessandro Ferro erano lì, a stringere la maglia numero 9 di Diego. Appesa con due mollette dietro la porta.

Un ultimo saluto, su Facebook, recita così:
«Ora insegna agli angeli come si fa gol».