De Laurentiis, dal “pappone” al costruttore di un impero: lo scudetto della sua rivoluzione

NAPOLI – Per anni, un solo coro riecheggiava costante sugli spalti del Maradona: «Vinci solo tu». Non era un’esaltazione, ma un’accusa. Un ritornello urlato al presidente Aurelio De Laurentiis, apostrofato come “pappone”, “romano”, “commerciante di torrone”, simbolo – agli occhi dei suoi contestatori – di un calcio aziendale e privo di cuore. Eppure, come racconta Massimiliano Gallo sul Corriere dello Sport, oggi quello stesso uomo è a un passo dal secondo scudetto in tre anni, un’impresa mai riuscita a nessun club non chiamato Inter, Milan o Juventus negli ultimi 70 anni.
L’impatto rivoluzionario di un imprenditore atipico
Quando arrivò nel calcio nel 2004, De Laurentiis conosceva poco o nulla di schemi e regolamenti. Venti anni dopo, il suo impatto è considerato secondo solo a quello di Silvio Berlusconi, con una differenza chiave: se il Cavaliere si impose con mezzi economici smisurati e un progetto globale, De Laurentiis ha costruito un modello imprenditoriale sostenibile, portando nel pallone il bilancio prima dei risultati.
«Ha portato tutti a parlare la sua lingua», scrive Gallo.
«La lingua dell’economia d’impresa. Della gestione aziendale. Ha vinto una battaglia culturale».
E così i tifosi, da sempre allergici ai numeri, sono diventati a poco a poco “tifosi commercialisti”: esultano per plusvalenze e acquisti low cost, studiano i bilanci e valutano le scelte del club non solo con il cuore, ma anche con la calcolatrice.
Dall’antipatia all’adorazione
Negli anni, una parte del tifo organizzato ha continuato a contestarlo, ma – come nota il Corriere dello Sport – oggi la maggioranza del popolo azzurro lo sostiene apertamente. Dopo il primo scudetto, sono nate vere e proprie “groupies” di De Laurentiis, tifosi che lo difendono a spada tratta e lo venerano.
«Sono io il vostro Cavani», disse una volta a Dimaro. Oggi, in tanti davvero lo pensano.
Conte, il sacrificio e la rinascita dopo gli errori
Eppure, il cammino non è stato privo di inciampi. L’euforia per il primo tricolore aveva portato De Laurentiis vicino a far deragliare la macchina perfetta. La confusione tecnica, gli errori di gestione e l’illusione di poter fare a meno di una guida forte stavano trascinando il Napoli nel baratro.
Ma, come evidenzia Gallo su Corriere dello Sport, De Laurentiis ha saputo fare quello che pochi dirigenti italiani sanno fare: mettere da parte l’ego e scegliere la strada giusta.
«Ha avuto il fiuto e il coraggio di capire che solo un uomo avrebbe potuto salvare il Napoli: Antonio Conte».
Una scelta costosa – economicamente e simbolicamente. 150 milioni di euro investiti, un ingaggio monstre per Conte e il suo staff, e soprattutto il silenzio del presidente, che si è fatto da parte per lasciare spazio all’allenatore e alla squadra.
«Come se fosse ospite nel suo Napoli», scrive Gallo. Eppure, ha accettato. E ha vinto.
La camera con vista sull’Olimpo del calcio italiano
Anche se venerdì le cose non dovessero andare come sperato, il Napoli è tornato competitivo, ha ricostruito il proprio equilibrio finanziario e ha ritrovato centralità tecnica. Se invece arriverà lo scudetto, per De Laurentiis non sarà solo un trionfo sportivo, ma una consacrazione definitiva.
«La sua camera con vista diventerebbe un attico nella storia non solo del Calcio Napoli, ma del calcio italiano», conclude Gallo. E non è un caso che tutto questo accada proprio ora, alla vigilia del suo 76º compleanno, che cade sabato.
Il miglior regalo? Aver dimostrato che fare calcio da imprenditore, e non da tifoso, può portare più lontano di quanto molti abbiano mai immaginato.