Lo sapevi che Napoli

lo sapevate che: nel 1799 un frate certosino salvò i tesori di San Martino dalla furia dei francesi

DOM GINOUX EROE CERTOSINO

Di: Gabriella Cundari

Antefatto:

Ferdinando I di Borbone (Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro Benedetto, Napoli, 12 gennaio 1751 – Napoli, 4 gennaio 1825) fu re di Napoli dal 1759 al 1799 e dal 1815 al 1816 con il nome di Ferdinando IV di Napoli, fu re di Sicilia dal 1759 al 1816 con il nome di Ferdinando III di Sicilia. Dopo questa data, con il Congresso di Vienna e con l’unificazione delle due monarchie nel Regno delle Due Sicilie, fu sovrano del nuovo Regno dal 1816 al 1825 con il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie. Il suo regno, durato quasi sessantasei anni, è uno dei più lunghi della storia.

È passato alla storia con i nomignoli di Re Lazzarone e di Re Nasone, affibbiatigli dai lazzari napoletani che, in giovane età, abitualmente frequentava. Re bambino lo abbiamo già visto, del marito bambino di una moglie bambina (rispettivamente, 17 e 16 anni), abbiamo accennato in diversi post. Ora vediamo un icrocio tra la sua storia personale e quella di un eroico frate certosino.

Nel 1794 Ferdinando IV dovette ordinare il sequestro di ingenti quantità di oro e, tra queste, anche quelle del prezioso Tesoro dei monaci certosini di San Martino composto da argenti ed ori, poi fusi nella Zecca di Napoli, per finanziarsi e fronteggiare l’avanzata delle truppe francesi verso Napoli, impresa in cui fallì.

Ma la Certosa, oltre agli ori, conservava molti altri tesori in opere d’arte, in arredi sacri, in manoscritti, inoltre di per sé la certosa era un’opera d’arte che rischiava di essere depauperata dei suoi beni ed essere messa a ferro e fuoco dalla guerra in corso.

Nei primi giorni del 1799 era giunto alla certosa di San Martino un tale Dom Ginoux, un certosino francese in fuga dalla certosa di Valbonne (Linguadoca), distrutta dai rivoluzionari francesi: chiese asilo alla comunità napoletana, che lo accolse calorosamente.

Forse fu la Provvidenza a condurre quel certosino francese a Napoli, investendolo inconsapevolmente di una missione. Difatti poco tempo dopo, allorquando l’esercito francese entrò in Napoli, tutti i monaci di San Martino scapparono sentendosi in pericolo, ad eccezione di Dom Ginoux.

Egli rimase da solo all’interno del convento, convinto di poterlo salvaguardare dalla furia dei soldati transalpini.

Quando giunse alla certosa con intenti bellicosi il generale Defresse, venne rabbonito dall’intrepido certosino che, basandosi sulla comune nazionalità ed esprimendosi nella stessa lingua, poté assicurare al militare la disponibilità nella concessione delle celle, del Chiostro Grande e delle cucine alle truppe come ricovero, in cambio della salvaguardia della chiesa, degli arredi e delle ricchezze in essa contenute.

Il generale acconsentì rispettando i patti, ed apprezzando il coraggio dell’indifeso certosino che protesse e stimò per tutto il periodo del soggiorno delle sue truppe a Napoli. Quando i francesi furono costretti alla fuga per il ritorno di re Ferdinando nel Regno di Napoli, i certosini allontanatisi fecero ritorno nella città partenopea ed attraversandola per raggiungere la collina di san Martino, osservavano rammaricati le devastazione delle chiese e dei conventi perpetuate dalle truppe francesi, immaginando la loro certosa ridotta ad un cumulo di macerie.

Arrivati al loro convento, rimasero basiti nel vedere la loro certosa pressoché indenne, grazie alla provvidenziale mediazione di Dom Ginoux.

Questo eroe solitario era riuscito, con la sola forza della persuasione a mitigare la furia delle truppe francesi, riuscendo a salvaguardare l’immenso patrimonio artistico contenuto nella sontuosa certosa di San Martino, che anche grazie al suo provvidenziale impegno, ancora oggi ci è consentito di poter ammirare.

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