Negli atteggiamenti del Pipita e compagni non ci sono atti diretti ad alterare la partita Per le offese probabile un’ammenda.
Per la giustizia sportiva il caso non c’è. Almeno non nelle dimensioni previste nell’immediato postpartita, e nemmeno per l’accusa più infamante adombrata nelle ultime ore, l’illecito sportivo (o il tentativo, che è ugualmente punito).
Non scherziamo. In Figc nessuno prende seriamente in considerazione l’ipotesi che i tesserati del Napoli abbiano compiuto «atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato della gara», condizione indispensabile a prefigurare l’illecito sportivo.
E le ragioni sono abbastanza evidenti. La prima: gli atteggiamenti dei giocatori del Napoli finiti sotto accusa, comunque assolutamente biasimabili, sono stati rilevati per lo più a fine gara, quando era diventato impossibile alterare il risultato della gara.
E poi: né durante né al termine della partita, i giocatori del Napol avrebbero rivendicato il mancato rispetto di accordi presi in precedenza con gli avversari,
ma si sarebbero «limitati» a insultare i colleghi del Parma, in quanto già «retrocessi e falliti».
Se il referto dell’arbitro e quello degli ispettori federali confermassero l’insussistenza dell’illecito sportivo, al giudice Gianpaolo Tosel, che oggi pomeriggio emetterà il suo comunicato, non resterebbe che valutare le eventuali ingiurie pronunciate dai calciatori del Napoli, sempre considerando che le offese tra colleghi sono ritenute dal Codice assai meno gravi (e punibili) di quelle al direttore di gara.
Tutto riassunto e tradotto in soldoni, è probabile che Higuain e compagni se la cavino con un’ammonizione e/o un’ammenda.
Per dire, ci si aspetta la mano più pesante su Lazio Inter.