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Ippolito, il napoletano che fece dell’Italia la terza potenza nucleare al mondo

Felice Ippolito l’ingegnere napoletano  venne bloccato da false accuse e poi arrestato: la grazia «concessa» da Saragat.

La storia di Felice Ippolito da molti viene accostata a quella di Enrico Mattei che negli stessi anni stava facendo del Paese un colosso petrolifero. L’Italia negli anni Sessanta l’Italia era la terza potenza nucleare civile al mondo grazie a all’ingegnere napoletano. 

La guerra in Ucraina ha riproposto la questione della dipendenza energetica italiana dall’estero. Per decenni abbiamo finto di non vedere e anziché pianificare una soluzione, abbiamo preferito comprare fuori ciò che non riuscivamo a produrre in casa. Una scelta che oggi ci penalizza.

Felice Ippolito  l’ingegnere napoletano che sognava l’energia nucleare pubblica

Scarpetta, Croce ed Eduardo al Sud. Marconi, Montalcini e Rubbia al Nord. Stranamente, ciò che Gramsci avrebbe chiamato «senso Comune», ritiene che il Meridione d’Italia sia stato patria di filosofi e letterati, ma non di scienziati. Nulla di più falso. Se si decidesse di stilare una top-ten di fisici, medici, matematici e affini della storia italiana ci si renderebbe conto che quasi la metà è nato nel Mezzogiorno.  Quasi tutti hanno avuto come orizzonte l’Europa e il mondo. Hanno tentati di portare la ricerca italiana ai vertici e sognando la libertà del Paese, ossia l’autonomia energetica e tecnologica.

Non tutti sanno che negli anni Sessanta l’Italia era la terza potenza nucleare civile al mondo grazie a un ingegnere napoletano. Il 16 novembre 1915 nasce a Napoli Felice Ippolito, figlio e nipote di ingegneri. A sua volta si laurea in ingegneria nel 1938. Il suo vero interesse è la geologia, di cui diventa professore ordinario nel 1949 a Napoli. I suoi studi l’hanno convinto che l’Italia è povera di risorse fossili e che se vuole diventare un Paese industriale avanzato ha bisogno dell’energia nucleare.

Si mette così a cercare l’uranio sul Vesuvio ma non lo trova. In compenso conosce il fisico Edoardo Amaldi (uno dei ragazzi di via Panisperna) che lo mette in contatto con un fisico milanese. Giuseppe Bolla nel 1946 aveva fondato il Cise, una società essenzialmente privata con l’obiettivo d’introdurre l’energia nucleare nell’industria italiana. Ippolito, però, pensa che il nucleare debba essere pubblico. Aiutato dal famoso chimico Francesco Giordani, nel 1952 ottiene dal governo la creazione del Comitato nazionale per le Ricerche nucleari (Cnrn). Giordani viene nominato presidente e Ippolito dirigente.

L’Italia è la terza potenza nucleare al mondo

Nonostante i pochi fondi il Cnrn avvia importanti progetti come il reattore di Ispra (Va) e il sincrotrone di Frascati. Nel 1955, il governo sembra perdere interesse e tutto si ferma. Per protesta i vertici del Cnrn si dimettono, compreso Ippolito. Però, con un colpo di scena, viene nominato segretario generale restando da solo al comando. Con grande abilità ottiene dal governo la riconferma a segretario. 4 miliardi di lire per proseguire le ricerche.

Nasce nel 1960 il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (Cnen) che sostituisce il Cnrn.  Ippolito viene nominato segretario. Ha fatto un capolavoro, un programma ambizioso destinato a creare un’industria nucleare pubblica forte e capace di rendere l’Italia energicamente indipendente, in pieno contrasto con gli interessi stranieri dei petrolieri e industriali nucleari americani in primis.

Felice Ippolito, il napoletano che fece dell’Italia la terza potenza nucleare

L’arresto di  Felice Ippolito

Nel 1962 nasce l’Ente nazionale per l’energia elettrica (Enel) con la prospettiva della nazionalizzazione dell’energia e nel 1963, mentre è ancora segretario del Cnen, Ippolito ne viene nominato consigliere.

È questa la goccia che scatenerà la vendetta dei molti nemici che si era fatto (qualcuno dice che dietro vi fosse anche la manina americana). In agosto, contro Felice Ippolito si mette in moto la «macchina del fango» con una campagna stampa diffamatoria, orchestrata dal segretario del Partito Socialdemocratico e futuro presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, finché Ippolito prima viene rimosso dai suoi incarichi e poi arrestato, il 3 marzo 1964, con l’accusa di peculato continuato e aggravato, falso in atto pubblico e abuso di poteri d’ufficio. Accuse che si riveleranno del tutto pretestuose e inconsistenti.

Ciononostante l’11 giugno inizia un processo-farsa (seguito anche all’estero) che si conclude il 29 ottobre del 1964 con la condanna a 11 anni e 4 mesi di reclusione, oltre all’interdizione dai pubblici uffici. È un verdetto pesantissimo e sproporzionato contro il quale si mobilita tutto il mondo scientifico. La sentenza d’appello del 4 febbraio 1966 riduce la pena a 5 anni e 3 mesi e nel marzo del 1968, quando ormai restano pochi mesi da scontare, arriva la grazia di Saragat, nel frattempo diventato presidente della Repubblica, che pare dichiarasse: «Ma si. Ippolito in effetti ha sofferto anche troppo per colpe che non ha commesso».

L’incidente di Chernobyl

 Si chiudeva così la vicenda giudiziaria di Felice Ippolito e con essa la stagione del nucleare italiano definitivamente abbandonato dopo l’incidente di Chernobyl e il referendum del 1987. Con Ippolito l’Italia era diventata la terza potenza nucleare civile al mondo grazie alle centrali di Latina, Sessa Aurunca e Trino Vercellese ma, tolto di mezzo fisicamente Enrico Mattei e messo giudiziariamente fuori gioco Ippolito (non a caso definito il “Mattei del nucleare”), per l’Italia si spalancavano le porte di un futuro fatto di dipendenza energetica dall’estero. Quel futuro che oggi è il nostro presente.

 

Fonte: Wikipedia, Romualdo Gianoli, Corriere del Mezzogiorno

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