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Ascierto: “Tocilizumab, ecco come è nata la sperimentazione. La Juve e quelle lacrime per il regalo di un detenuto. Vi racconto tutto”

Paolo Ascierto si racconta. L’oncologo impegnato alla lotta al Coronavirus diviso tra il Tocilizumab, la Juve il regalo di un detenuto.

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NAPOLI. La cura Ascierto è stata adottata in tutti gli ospedali d’Italia. Da Padova a Lacedonia la sperimentazione con il Tocilizumab continua a salvare molte vite. L’oncologo Paolo Ascierto, al pari di Maradona, San Gennaro, Troisi, Eduardo Totò è diventato un’icona per il popolo napoletano, finendo anche sul presepe.

Ascierto non si comporta da star, non frequenta salotti televisivi, ma lavora anche 14 ore al giorno. L’oncologo ha raccontato la sua storia al quotidiano la Repubblica. Ecco alcuni stralci:

Paolo Ascierto ha lo sguardo del bambino mite che è diventato scienziato di fama, volto di una speranza contro il Covid e anche bersaglio di qualche collerica lesa maestà d’Accademia.

Nascita a Solopaca, nel Sannio, infanzia a Campobasso, poi l’Università Federico II, il 56enne oncologo ha firmato, con il suo team dell’Istituto Pascal e e con i colleghi-amici del Monaldi, la cura sperimentale del Tocilizumab.

È quella oggi adottata dall‘Agenzia del Farmaco. La pausa pasquale durerà poche ore. Via camici, guanti, mascherina Ma le conference cali e le mail con colleghi e pazienti restano aperte, anche fino alle tre del mattino. Nello studio, c’è Dalla che canta E una sciarpa da tifoso. Bianconera.

ASCIERTO SI RACCONTA

«Da piccolo? No, io non volevo fare il medico. Devo questa scelta a due persone Importanti. Una la porto con me sempre, l’altro non l’ho più rivisto.

La prima è l’appuntato Domenico Ascierto. Mio padre. Mi piaceva molto la sua divisa, volevo fare anch’io carabiniere. Ma non volle, c’era già un mio fratello, dovevo laurearmi. Molti anni dopo, altro bivio. Mi iscrissi a Ingegneria Chimica, Napoli.

Però ricordo la mia crisi una sera, era il 1983, da solo in una casa a piazza Leopardi. Ero stato a confrontarmi con un bravo docente. Mi ascoltò e mi disse: ”Vedi che tu non vuoi fare l’ingegnere. Vuoi fare la ricerca, ma da medico”. Non lo posso scordare».

IL CORONAVIRUS NELL’ULTIMO MESE HA CAMBIATO TUTTO

«Il coronavirus, è stato uno choc. Eravamo pronti, certo, ma finché facevamo brainstorming, sembrava quasi un gioco. Poi, mentre guardi la tragedia lombarda, i nostri ospedali si riempiono di ammalati, vedi i giovani intubati, vedi i tuoi amici medici colpiti. Penso a Bruno Daniele, penso a Fiorella Paladino: primari in gamba, che per fortuna ora sono a casa, guariti. Penso a quelli che non ce l’hanno fatta».

IL REGALO DI UN DETENUTO

«Mi vengono in mente gesti commoventi. Una lettera da Parma, con qualcosa nella busta Era un detenuto (trattiene l’emozione, ndr). “lo di questa mascherina non me ne faccio niente: voi combattete, professore gliela offro con il cuore»

ANCORA PRIMA DEL LOCKDOWN, IL 6 MARZO, VOI LANCIAVATE UNA SFIDA: PROVIAMO CON QUESTO FARMACO, IL ” TOCILIZUMAB “. COM’È NATA?

«Di notte, quando capita di ritrovarsi da posti diversi del mondo, online. Tutto è maturato tra il 5 e il 6, credo le due e mezza, chattavo con i miei collaboratori, Maria Grazia Vitale che ora è all’Università di Udine, Claudia Troiani elio a Pittbusrgh: a studiare gli effetti collaterali delle Car-T celi.

Poiché alcuni aspetti collaterali dell’immunoterapia somigliano agli effetti del Covid, come una polmonite insterstiziale data appunto durante le reazioni alle Car-T-cell, nello stesso momento su un’altra chat avevo il nostro virologo, il dottor Buonaguro, e il direttore Attilio Bianchi che leggevano di alcune terapie, ci dice: perché non ne parliamo con i cinesi?

Il giorno dopo facciamo la cali con i colleghi asiatici, loro ci dicono: ottima idea, noi abbiamo provato il Toci, per 20 pazienti su 21 abbiamo risultati. Ne parlo con Montesarchio, l’azienda dice: comprate ciò che serve. Con due pazienti che erano intubati: somministriamo il Tocilizumab. Dopo 24 ore, miglioramenti netti. E lo comunichiamo: troppi morivano, non c’era tempo.

Ad oggi, sono più di 3mila le persone trattate. La sperimentazione fase 2, coinvolge 330 persone in Italia. Prima di questa, 1200 persone trattate. E nel cosiddetto “studio osservazionale”, ancora 1500 pazienti.

Su quanti ha avuto un effetto di progressivo miglioramento? «Ce lo dirà la sperimentazione, ovvio. Se parliamo di noi: sui nostri” 7 intubati”, 4 ora sono a casa, 2 sono morti, un altro è stabile. Degli altri che non erano intubati, 8 sono molto migliorati e sono quasi tutti a casa».

LE SCUSE DI GALLI AD ASCIERTO SONO MAI ARRIVATE?

«Bianca Berlinguer è stata gentile, ha riconosciuto che quella non era stata una bella scena, mi ha invitato ancora in studio. Ma lui: no. Io non mi sono pentito della bonomia nella riposta. Glie l’assicuro. Abbiamo ancora una guerra in corso e ci mettiamo ad alzare i toni? Ciascuno, in trincea, rivela se stesso».

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LA JUVE

«Lo dico con sprezzo del pericolo. La Juve. Il calcio è la forma d’amore più vera, lo diceva Luciano De Crescenzo. Ma la cosa divertente è che me ne invaghii da bambino, avevo 7 anni, era il ’72, nonostante a casa fossero interisti. Però quella domenica, a Catanzaro, la Juve perse e il centravanti Angelo Mammì esultò troppo, allora non si usava, e l’avversario sconfitto mi fece tenerezza. Ecco, a quel bambino diede l’impressione di essere una squadra debole».

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