Spalletti si racconta nel suo libro: «Dormivo su un letto di m*a a Castel Volturno. Due partite: una col Napoli, una con De Laurentiis»
Esce oggi per Rizzoli l’autobiografia di Luciano Spalletti, attuale commissario tecnico della Nazionale ed ex allenatore del Napoli, protagonista assoluto dello scudetto azzurro del 2023. Un libro ricco di aneddoti inediti, riflessioni personali e rivelazioni sulla sua esperienza partenopea. Nel volume, Spalletti racconta con sincerità i momenti più intensi della sua carriera, tra cui la storica cavalcata tricolore con il Napoli.
«La pausa del campionato per il Mondiale fu un’anomalia. Gli avversari speravano in un nostro calo», scrive Spalletti, parlando dell’anno dello scudetto. «Dopo la sconfitta con l’Inter, la Juventus arrivò nel momento propizio. Fu una delle notti più esaltanti della storia del Napoli». In quel momento cruciale, aggiunge, «dissero che i miei giocatori festeggiarono per aver pescato il Milan in Champions, ma non fu così. La lesione di Osimhen fu un primo segnale negativo. Covavamo molta tensione: per quasi tutti era la prima volta a quei livelli».
Il tecnico toscano racconta anche l’atmosfera che cercò di creare per tenere alta la concentrazione del gruppo: «Proibii di pronunciare la parola scudetto in mia presenza. Decisi di isolarmi, come da tradizione della mia terra. Così andai a vivere a Castel Volturno. I giocatori rimasero impressionati e mi seguirono in questa missione di dare tutto al Napoli. Elmas era scioccato e mi disse: “Mister, ma davvero dorme su quel letto di m***a?” Quel letto era la mia trincea».
«Seguimmo tutti il mio motto “Uomini forti, destini forti”», scrive ancora Spalletti. «Avevo dei calciatori che davano l’anima e mi rendevano felice come uomo e come allenatore».
Ma nel libro non mancano le frecciate ad Aurelio De Laurentiis, protagonista del capitolo intitolato Le verità nascoste. Il racconto del rapporto tra presidente e allenatore è denso di contrasti, silenzi e momenti surreali.
«Alla vigilia di una partita difficile, il presidente mi scrisse per motivarmi: “Puoi andare dodici punti da solo in testa, carica i ragazzi!”», rivela Spalletti. «Aveva aperto il rubinetto dell’acqua calda. Gli risposi: “Grazie del prezioso consiglio, presidente, ne terrò conto”». Poi aggiunge: «Il suo amore per il Napoli lo dimostrò anche smettendo di commentare le formazioni e di parlare con i giornalisti. Fu un silenzio che fece rumore. Possiamo dire che il suo eroico silenzio fece il paio col mio voto di castità a Castel Volturno. Due uomini molto diversi che fecero un voto di fedeltà alla causa».
Ma Spalletti non dimentica un episodio che lo ha segnato: «La sera dello scudetto non ricevemmo nemmeno una telefonata da parte sua. Né a me, né ai giocatori, né al team manager. Troppo impegnato a giocare la sua partita personale sul prato del Maradona. Quelle sterzate solitarie nel giro di campo lo avevano distrutto. Poi: silenzio».
E infine, il racconto del difficile rapporto quotidiano: «Il presidente era quello che metteva la ceralacca su tutto. Ero stanco di combattere per ogni cosa: una maglia per i figli dei giocatori, gli alberghi da cambiare di continuo. Ho giocato due partite contemporaneamente: una con gli avversari e una col presidente. Un confronto costante, spesso al confine dello scontro».
L’autobiografia di Spalletti si presenta così come un’opera che non solo racconta una carriera, ma svela le tensioni dietro il trionfo. Un racconto che tocca l’anima di una città e di un popolo, ma anche il cuore e la fatica di chi ha scelto di vivere da “monaco” pur di portare il Napoli nella leggenda.
