Scandalo in Serie A: l’arbitro ha confermato tutto | “Gli danno 30 euro a partita”

arbitro-generale (gianlucadimarzio) - napolipiu
Arbitri nel mirino e una frase che riapre il caso: ecco cosa sta davvero succedendo nel calcio italiano.
Il mondo del pallone è tornato a tremare. Ancora una volta, lo spettro delle partite truccate si aggira sui campi di Serie A e non solo. Un’indagine che sta scuotendo federazioni, spogliatoi e… anche le cabine arbitrali. Perché a finire nel mirino, adesso, non sono più solo calciatori e dirigenti, ma anche chi le partite dovrebbe garantirle, non indirizzarle.
Tutto nasce da una frase: “Trenta euro a partita”. Cifre ridicole, certo. Ma quanto basta per insospettire chi, da tempo, sospetta che dietro alcune direzioni di gara ci siano influenze esterne, spinte da interessi di scommettitori e organizzazioni ben più grandi.
Nel vortice, ancora una volta, il calcio italiano. Un mondo che lotta da anni con la propria credibilità, e che ogni stagione si ritrova impantanato tra accuse, mezze verità e silenzi imbarazzanti. Le indagini proseguono, si allargano, risalgono i livelli dei campionati e scavano fino alle radici. Perché se il marcio parte dalla base, è inutile pensare che l’élite possa salvarsi.
E proprio alla base accade di tutto. Nei campi di provincia, tra i settori giovanili, negli stadi di periferia dove il pallone dovrebbe ancora insegnare qualcosa. Ma anche lì ormai c’è chi fischia non per senso di giustizia… ma per paura. O peggio: per soldi. Lo hanno detto in tanti: basta poco per far girare una partita. E a volte, quel “poco”, sono solo trenta euro.
Tra sospetti e violenze
La notizia più recente è arrivata da Catania, dove un arbitro di appena 19 anni, Diego, è stato aggredito al termine di una partita. L’episodio ha acceso un faro su una realtà drammatica: quella dei giovani direttori di gara, spesso vittime di minacce, pressioni e insulti. A raccontarlo, stavolta, è Marco Guida, arbitro internazionale, che si è sfogato in diretta a Radio Crc: “Mi ha detto piangendo: Marco, non permetterò a questi violenti di fermare la mia passione”.
Un’emozione vera, che ha squarciato il velo sull’ipocrisia del sistema. Guida ha continuato: “Sono padre di tre figli, e quando vedo ragazzini insultati dai genitori dei coetanei mi sento male. Questa non è educazione, non è sport. E soprattutto non è accettabile che un arbitro venga aggredito mentre una madre gli grida venduto!”. Un’accusa pesantissima. Ma ancora una volta, dietro quella parola c’è un’ombra: venduto per quanto?
La verità sui 30 euro: la cifra che ha fatto esplodere tutto
E allora torniamo a quella frase: “Trenta euro a partita”. No, non è la cifra per truccare un match. Non è il prezzo del silenzio, né la tariffa segreta degli arbitri corrotti. È, semplicemente, il compenso che ricevono i giovani arbitri dei campionati dilettantistici per dirigere una gara. Trenta euro. L’equivalente di una pizza. Trenta euro per scendere in campo, gestire 22 giocatori, subire urla, insulti, minacce. Trenta euro per mantenere vivo il sogno di diventare un arbitro di Serie A.
“Lo fanno per passione, per amore delle regole. Non certo per arricchirsi”, ha ribadito Guida. “Ma quando il sistema li abbandona, quando vengono picchiati o derisi, allora non basta più la passione. Serve rispetto. E serve che qualcuno finalmente apra gli occhi”. Forse, stavolta, quel numero — 30 euro — farà più rumore di qualsiasi inchiesta. Perché dietro a quella cifra, non c’è uno scandalo. C’è l’essenza perduta del calcio.