Napoli sogna, ma in silenzio: «Ogni cosa ha il suo tempo». E il tempo ora è fatica

Festa Scudetto Napoli: una città che ha saputo festeggiare

NAPOLI – La festa è durata novanta minuti, giusto il tempo della partita contro il Torino. Poi, come racconta Antonio Menna su Il Mattino, Napoli ha ripiegato le bandiere e ha serrato la voce. Nessun carosello, nessuno slogan urlato per le strade. Il popolo azzurro trattiene il respiro. Non per scaramanzia, ma per consapevolezza. Perché se la squadra è concentrata, anche la città vuole esserlo.

Dopo la vittoria che ha proiettato il Napoli in testa alla classifica, i tifosi si rifugiano nella prudenza, in una sorta di silenzio collettivo che somiglia a un abbraccio trattenuto. Nessuno lo dice, nessuno lo pronuncia. Ma tutti lo pensano: lo scudetto è possibile. E proprio per questo, ogni parola appare di troppo.

Fiducia contenuta, entusiasmo trattenuto

Gennaro, 78 anni, esce da un centro scommesse a Miano con una piccola vincita in tasca: «Bella soddisfazione», ammette, ma aggiunge: «Calma, calma. La vera sfida comincia adesso». Ai Quartieri Spagnoli, le bancarelle dei gadget celebrano McTominay, il nuovo idolo, ma evitano accuratamente di esporre il numero “4”. È ancora troppo presto.

Anche nei gesti più semplici si legge l’attesa: c’è chi espone la bandiera solo durante la partita, poi la ritira. Chi invece la lascia lì, a Fuorigrotta o alla Sanità, come un amuleto discreto, tra i murales di Maradona. È una città che si muove tra entusiasmo e autocontrollo, sospesa tra l’orgoglio e il timore di sbagliare un passo.

Conte e Napoli: stessa mentalità, stesso passo

Il vero spartiacque emotivo è Antonio Conte. L’allenatore ha trasmesso al Napoli – squadra e città – una lezione di metodo, concentrazione e rigore. Nessun lamento, nessuna attesa della “mano di Dios”. Qui si lavora. Si suda. Si costruisce vittoria dopo vittoria, con la fatica come unica via.

Questa Napoli è più simile a Conte che a Maradona. Meno genio, più solidità. Meno colpi di teatro, più continuità. È una città che sta imparando a credere in se stessa in un altro modo: con consapevolezza e impegno, come chi ha capito che il successo va meritato fino in fondo, giorno dopo giorno.

La paura di cadere, il desiderio di volare

«Io tengo paura che ci viene la tremarella», confessa un tifoso tra i Quartieri. «Basta una sconfitta per tornare pari». Ed è vero. L’esperienza insegna. Ma è anche vero che questo Napoli non si è mai risparmiato, neanche nei momenti più complicati. E la gente lo sa, lo sente.

«Con Spalletti fu diverso» – racconta una ragazza in zona universitaria – «c’era un vantaggio enorme, sembrava una festa annunciata. Qui è arrivato tutto piano piano, quasi senza accorgercene. E proprio per questo ci emoziona ancora di più». Le emozioni, però, vanno dosate. «Ogni cosa ha il suo tempo», ripete la città a se stessa.

In attesa di Lecce, in attesa del destino

La prossima trasferta a Lecce è già vista come uno spartiacque. Si percepisce nell’aria. Napoli ha l’urlo in gola, la bandiera pronta, ma aspetta. Non per superstizione, ma per rispetto del lavoro fatto e di quello ancora da fare.

«Amma fatica’», disse Conte il giorno del suo arrivo. E la città ha fatto sua quella frase. Perché sì, alla fine è vero: quando te la sudi, poi godi di più.