
La capolista della Serie A sostituisce il suo talento più cristallino con una riserva del Milan. Una scelta che sa di resa e che mette a rischio le ambizioni del club.
Dal sogno Garnacho alla realtà Okafor. Il mercato di gennaio del Napoli si chiude con una bef
fa che sa di ridimensionamento. La squadra prima in classifica, quella che sta dominando il campionato con Conte, decide di vendere il suo diamante più prezioso, Kvaratskhelia, e lo sostituisce con una riserva del Milan negli ultimi minuti di mercato.
Una girandola di nomi che ha illuso i tifosi: Adeyemi, Zhegrova, Chiesa, Dorgu, Yeremay, Ndoye, Amuzu, Saint-Maximin, Lang. Alla fine, la montagna ha partorito il topolino: Noah Okafor, ufficializzato a ridosso della mezzanotte.
La narrazione del “bilancio sano” non regge più. Una società che ha zero debiti, 200 milioni di liquidità e che guida la classifica non può permettersi di indebolirsi. Non quando hai la possibilità storica di vincere il quarto scudetto. Non quando hai Antonio Conte in panchina e un progetto vincente da portare avanti.
L’impressione è quella di una società impreparata, che ha preferito “far respirare il bilancio” piuttosto che rinforzare la squadra. Certo, sostituire Kvaratskhelia non era semplice, ma virare sull’ultima alternativa disponibile, nell’ultimo giorno di mercato, è una scelta incomprensibile.
Il voto? Un 3 secco. Non per l’acquisto di Okafor in sé, ma per la gestione di un mercato che doveva consolidare le ambizioni di una capolista e invece rischia di comprometterle. La domanda è semplice: si può davvero pensare di sostituire il talento più fulgido della squadra con una riserva del Milan?
La verità è che questo mercato tradisce le ambizioni di una squadra che sta dominando il campionato. E non bastano le promesse di investimenti futuri per giustificare un gennaio che sa di occasione sprecata.