Napoli culla del contagio zero. Da presunto lazzaretto la capitale del sud si è trasformata in una vera e propria eccellenza.
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Napoli, da presunto “lazzaretto” a culla del contagio zero, dalla città partenopea la migliore risposta alle accuse di Feltri e dei giornalisti “lombrosiani”.
Lo scrittore e giornalista , Bruno Marra, autore di “Brunapoli” libro, pluripremiato, sull’arte di essere napoletani ha pubblicato una bellissima disamina sulla situazione di Napoli al tempo del Coronavirus:
NAPOLETANITÀ
“Chi mi conosce bene sa quanto io sia legato alla napoletanità e quanto sia affascinato e rapito dalla alchimia irripetibile della nostra terra. Ma, di converso, riconosco alla mia città una natura spesso controversa, dicotomica e autolesionista.
Un quadro che ancora una volta è affiorato chiaro ed eloquente nel controluce del contesto che stiamo vivendo.
Da quando è cominciato questo ancor attuale e sciagurato periodo di emergenza non c’è stato giorno in cui non abbia ascoltato, dalla nostra stessa voce di dentro, denunce assordanti e reiterate riferite a persone irresponsabili che vagavano per strada e che alimentavano incontrollate la famosa “ammuina mmiez ‘a via” (eviterò con cura il termine assembramento per incipiente impeto di rigetto)”.
MACCHINA DEL FANGO
Bruno Marra continua: “Un urlo allarmante enfatizzato dall’abusato slogan populista: “ma comme a vulimm vencere sta guerra!”.
E così, per moto proprio e spinta autarchica. La Pignasecca all’esterno è diventata più famosa del lazzaretto manzoniano, popolata da monatti e presunte conventicole di untori.
Mentre i servizi segreti avevano già circoscritto la mappa dei quartieri per rinvenire l’intreccio sotterraneo e bubbonico di pastiere abusive, seguite progressivamente da legioni di appestati che si aggrovigliavano promiscuamente come zuppe di cozze allo scoglio.
Questa è la cartolina che abbiamo spedito “urbi et orbi” a chi neppure sperava in tanta improvvisa grazia. Abbiamo autonomamente confezionando una copertina a uso e consumo di chi da sempre sbatte in prima pagina il mostro dello stereotipo. Abbiamo seminato il terreno a beneficio di coloro che come i lanzichenecchi ci sono venuti a saccheggiare le radici e pure la morale. Fornendo un succulento assist, e tutte le munizioni necessarie, a un esercito già ben armato di pregiudizio fino al collo”.
NARRAZIONE FANTASIOSA DI NAPOLI
Marra spiega: “Adesso osservo con mestizia la sacrosanta e condivisibile levata di scudi contro quello che di assurdo stiamo subendo: servizi televisivi capziosi, vili tentativi di delegittimazione sociale, soprusi mediatici strumentali, pretestuosi riverberi vessatori e orde di sarcasmo dozzinale. Tutto ignobile, abietto e assolutamente esecrabile. Se non fosse però che stavolta gli ingranaggi della macchina del fango in buona parte li abbiamo avviati noi, autoflagellandoci e infilandoci da soli le lame della calunnia nel costato, creando della nostra città una narrazione “fantasiosa”, obnubilati dal terrorismo emotivo e psicologico che ci hanno somministrato fino al midollo”.
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GIORNALISTA LOMBROSIANO
Bruno Marra ha poi aggiunto: “A me importa davvero poco del sindaco padano saccente e borioso, del giornalista vetero “lombrosiano” che ha già mandato in prepensionamento da tempo gusto e buon senso, o del professore frustrato intriso di livore “etnico” più che di ardore scientifico. A me interessa della Terra in cui vivo, della nostra integrità intellettuale ed etica.
Perché a meno che la Pignasecca non sia provincia lombarda, a meno che le file della pescheria non siano arrivate fino ai confini meneghini, e le pastiere non contenessero gas nervino, spiegatemi perché quaggiù stiamo andando verso l’auspicabie percorso del contagio zero e lassù invece ci sta l’ira di dio“.
ORGOGLIO NAPOLETANO
“Ma, allo stesso modo, proviamo anche a spiegare a noi stessi perché per oltre un mese ci siamo battuti il petto in virtù di un mea culpa che non aveva motivo e ragione di esistere se non per l’ autosuggestione iniettata dai veri “manutengoli” della manipolazione.
E’ ora di comprendere che prima di esigere rispetto dagli altri, dobbiamo pretenderlo da noi stessi. Facciamo questo grande passo ed estinguiamo il debito atavico, per non finire eternamente nel vortice del ciclone, prestando puntualmente il fianco ad ogni dito puntato.
Preservare la nostra storia, con consapevolezza, coscienza e orgoglio, è un atto dovuto che merita tutto il nostro cimento. Avendo, però, sempre presente che per essere un popolo maturo occorre certamente fierezza ma soprattutto amor proprio”. Ha concluso Bruno Marra.