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De Laurentiis: "Aspetto le mosse di Renzi,nelle altre leghe si paga per entrare, qua no"

redazione
Last updated: 30/07/2015
redazione 6 minuti di lettura
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6 minuti di lettura

Rivoluzione De Laurentiis

Allora presidente Aurelio De Laurentiis quando vince
l’Oscar più importante della sua vita, che non è quello che viene dato a Los Angeles? Questo «Oscar» si chiama scudetto e gli americani non sanno nemmeno cosa sia…
«Il mio Napoli ha un rendimento altissimo, protagonista in Italia e in Europa…».

Si fermi per cortesia, sa benissimo che conta solo lo scudettoe che quest’anno il suo Napoli, colpevolmente, a marzo era già distanziato anni luce dalla Juve e tagliato fuori dai grandi giochi, superato alla fine da Roma e Lazio e pure dalla Fiorentina.

«Tutto giusto, ma guardiamo la realtà: ho preso il Napoli nel 2004 e ho acquistato il nulla,
non c’era più niente, nemmeno i palloni e le magliette. Ho dovuto rifondare tutto. Siamo arrivati in Champions, ecco perché le dicevo che siamo la realtà calcistica italiana che è cresciuta maggiormente a livello internazionale».

Perché acquistò il Napoli?
«Il cinema mi stava dando soddisfazioni enormi, anche a livello internazionale. Con l’opposizione e lo scetticismo di mio zio Dino ero sbarcato negli Usa e avevo vinto la mia scommessa. Leggo in quei giorni una intervista di Gaucci che diceva “compro il Napoli con 5 milioni”. Già nel ’99 mi ero mosso per acquistarlo, ma quella trattativa con Ferlaino finì male. Il Napoli mi è sempre stato nel cuore. Allora, siamo nel 2004, il Napoli è fallito. Chiamo un banchiere, gli svelo la mia intenzione.
«Mi diedero del matto perché rispetto ai 5 milioni sbandierati da Gaucci, io ne spesi 32, poi altri 35 il primo anno di serie C e ancora 35 il secondo, 100 milioni per arrivare in serie B. Ma ne sono felice».

Scusi, ma Danny De Vito che fine fece in quei giorni così agitati ed eccitanti?
«Danny girò il film, fu naturalmente ben pagato e fu ovviamente conquistato da Capri»

E lei conquistò il Napoli: d’accordo la famiglia, sua moglie?

«Fe-li-cis-si-mi tutti quanti».

E lei è ancora felice?
«Senza alcuna incertezza. Ho ancora molte cose da fare con il Napoli e nel mondo del calcio.
Anche se so bene che molti mi danno del visionario. Non è vero, io invece replico che ho delle “vision”».

Come sarebbe a dire?
«Vengo da un mondo dove si deve essere creativi per essere dei vincenti, a livello di soggetto, sceneggiatura, regia e di promozione. Ho rivoluzionato il mondo del cinema, intendo farlo anche nel calcio. Sono convinto che nella vita bisogna sempre portare innovazione».

Lo dice da tempo, ma non si vedono gli effetti.
«Guardi che io sono un rullo compressore».

Dia forma alle parole.
«Bisogna estendersi, creare un campionato europeo per club, abbattere certi confini, far capire a istituzioni che si muovono e vivono in modo obsoleto e conservativo, Fifa e Uefa, controllando per giunta un patrimonio finanziario immenso, che siamo arrivati ad un livello
di emergenza».

Non sarebbe male iniziare da Lega calcio e Federazione? Le sue idee trovano una forte resistenza. Perché?

«Andrea Agnelli ed io tre anni fa avevamo proposto una ristrutturazione
della Lega, con due grandi manager che lavorassero su due fronti: estero e e
istituzionale italiano. Le nostre priorità non sono state accolte ».

E lei si altera: prima o poi perde la pazienza.
«Mi limito a dire questo: se continuiamo a vivere di populismo, non saremo mai grandi tra igrandi, al massimo grandi tra i piccoli».

Cosa intende per populismo?
«Negli Usa dove sono molto più bravi di noi e sanno anticipare i tempi, nelle Leghe si entra pagando una ricca fiche. Nel calcio, uno sport appena esplorato dalle loro parti, il Manchester City per creare una società a New York ha dovuto versare 100 milioni di dollari. È questa la strada da seguire, con forme e numeri diversi, in Italia e in Europa. Ma qui resistono poteri forti che hanno la testa rivolta al passato».

Cosa pensa di Tavecchio, presidente Federcalcio? 

«Non penso».

In Lega un potere forte è Galliani.
«Sono code di potere».

Insisto: lei con la sua voglia di riformare il calcio…
«Perdoni: macché riformare, il calcio italiano è da ri-fon-dare ».

Capito, ma adesso lei in che posizione è?
«Di attesa. Ho fiducia in Matteo Renzi, lo conosco bene, sa cosa significa decidere. Aspetto le sue mosse, per esempio a chi darà la delega governativa dello sport. E poi vedremo come agire ».

Quanto alla delega, sembra ben messa Valentina Vezzali, campionessa della scherma, parlamentare…

«È amica di Malagò?».

Sicuramente. Ma cosa pensa della Vezzali?
«Ho già detto che sono in una posizione di attesa».

 Perché ha ingaggiato Sarri come allenatore?
«Lavora molto, apprezzo la sua tenacia nell’applicazione delle sue idee, alcune di queste nuove».

Ha mai pensato di cedere Higuain?
«Mai e poi mai. Non a caso ho messo una clausola altissima, difficile da sostenere per un eventuale acquirente, mi aspetto che sia rispettoso dell’impegno e del lavoro della squadra ».

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