«Core ’ngrato», storia di un sentimento azzurro tradito

Higuain

Higuain - napolipiu.com

Nel suo approfondimento pubblicato su Il Mattino, Gigi Di Fiore esplora una delle ferite emotive più profonde del tifo napoletano: quella dei core ’ngrati, i tradimenti calcistici che hanno segnato decenni di storia sportiva e identitaria della città. La maglia zebrata, ricorda Di Fiore su Il Mattino, è da sempre il simbolo massimo dell’ingratitudine percepita dal popolo azzurro: una ferita che torna, ciclicamente, ad aprirsi.

Il racconto parte dal 6 aprile 1975, quando Josè Altafini, passato alla Juventus a 34 anni, infranse i sogni di gloria del Napoli allenato da Vinicio segnando il gol decisivo allo stadio Comunale. Quel gesto costò al brasiliano la storica scritta “Core ’ngrato” comparsa fuori al San Paolo. Come aggiunge ancora Gigi Di Fiore su Il Mattino, Altafini provò a difendersi parlando dell’età e del mancato rinnovo, ma la ferita nei tifosi restò aperta.

Il viaggio nei tradimenti prosegue con Ciro Ferrara, simbolo del Napoli maradoniano, che scelse la Juventus per motivi professionali. «Il mio cuore resterà a Napoli», dichiarò allora. Eppure, come sottolinea Di Fiore su Il Mattino, quel passaggio restò scolpito come una lacerazione.

Il capitolo più doloroso arriva però con Gonzalo Higuain, definito da Mimmo Carratelli «uno sfregio più che un tradimento». Il suo trasferimento in bianconero dopo una stagione record — sottolinea ancora Il Mattino — resta uno strappo mai ricucito, una frattura che i tifosi continuano a considerare insanabile. Il ritorno al San Paolo nel 2017, con tanto di gol, trasformò il fischio in rito catartico.

Nella ricostruzione di Gigi Di Fiore per Il Mattino trovano spazio anche altri “passaggi proibiti”: Cristiano Giuntoli, additato come nuovo core ’ngrato dopo il trasferimento alla Juventus post-scudetto, o figure storiche come Marcello Lippi, che da Napoli passò in bianconero iniziando una carriera leggendaria.

Il pezzo, ricco di memoria e nostalgia, contrappone ai traditori i simboli opposti: Diego Armando Maradona e Totonno Juliano, capitano e bandiera. È lui, ricorda Il Mattino, il volto di un calcio che non c’è più: quello in cui la maglia era casa, identità, vita.

Oggi il calcio è cambiato, osserva Di Fiore; non è più un “posto fisso”, ma un’industria che consuma e sostituisce. Eppure, conclude Il Mattino, l’onda emotiva generata dai core ’ngrati continua a raccontare il rapporto speciale — a volte tossico, sempre viscerale — tra Napoli e il suo popolo.