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Napoli, l’autolesionismo dello stadio teatro: Da tifoseria più calda d’Italia a semplici spettatori

Lo stadio Maradona non è più il dodicesimo uomo in campo

Napoli, lo stadio Maradona diventa un teatro. Nell’impianto di Fuorigrotta, che porta il nome del più grande, manca il dodicesimo uomo in campo: Le curve.

LO STADIO MARADONA MUTO E SILENZIOSO

Quella del Napoli era tra le tifoserie più calde e apprezzate d’Europa. Adesso che lo stadio porta il Nome più grande, tutto sembra volersi spegnere. Non so da chi e da cosa dipenda – il fatto di farmi anche un’idea non mi autorizza alla verità – e non sono un ultrà e non un dirigente. Sono un semplice tifoso. E, questo mi sento di dirlo, libero tifoso. Come tale, ho sempre tenuto soltanto a una cosa. Il bene del Napoli. Lo metterei davanti pure a mio discapito. Temo molti torti e poche ragioni.

Che non si può far valere un protocollo che restringe in casa e cade in trasferta e che l’ammodernamento del dopo Universiadi sia una norma dispari in mezzo a un mare di zone franche. Come spero che nessuno avanzi prima di tutto il proprio principio e la propria appartenenza “ideologica” e che qualcun altro non si senta padrone di un marchio a disprezzo dell’identità di un sentimento popolare. Come si chiama quel luogo? Conoscete il Nome che porta? Una volta tanto, chiediamo a noi stessi.

Le parole di Elio Goka, giornalista di fantamercato.it, fanno riflette.

L’AUTOLESIONISMO DELLO STADIO TEATRO

Sui social in molti lamentano dell’assenza delle curve a causa delle regole Covid, quando altrove si assiste ai peggiori assembramenti, allo stadio Maradona ,invece, fioccano multe e DASPO. chi conosce davvero bene l’argomenti, sono i gestori della pagina Facebook il Napulegno. I ragazzi del web sono stati i primi ad avvisare che il dodicesimo uomo in più del Napoli è stato ridotto al silenzio.

MARADONA IN UNO STADIO MUTO NON CI SAREBBE MAI ENTRATO

L’esperimento in corso al Maradona, la “bonifica sociale” praticata da anni attraverso i prezzi e la repressione chirurgica del regolamento d’uso, sta miseramente fallendo.

Aurelio De Laurentiis farebbe bene a prenderne atto e voltare pagina prima che sia troppo tardi.

I gruppi organizzati sono già andati via, e quanto sia importante il loro sostegno per la squadra lo dimostrano puntualmente in trasferta.
Tra due o tre partite al massimo, saranno esauriti anche quei voucher che hanno solo rimandato l’abbandono degli spalti di tanti ex abbonati, come me, che non accettano l’idea di uno stadio svuotato di cori e passione.

Parliamo di migliaia di persone che hanno sacrificato per anni tempo e denaro per essere sempre presenti. E che non ci saranno più.

A fronte di questa perdita secca, cosa ci guadagna il Napoli?

La media spettatori continua a calare, e il rischio concreto è quello di ritrovarsi per gran parte del campionato con lo stadio semi vuoto, salvo le classiche quattro o cinque partite di cartello.< “>Il “sogno” di De Laurentiis di uno stadio salotto sempre sold out, affollato di tifosi clienti disposti a spendere molto di più rispetto al passato per la partita e tutti gli annessi e connessi, si è rivelato del tutto irrealistico, perché questi famigerati clienti semplicemente non esistono.
Innanzitutto perché la condizione sociale ed economica della città è quello che è, e non lo scopriamo certo oggi. In secondo luogo perché il Maradona è lontano anni luce dagli standard europei minimi di qualità in materia di servizi, trasporti, parcheggi, ristorazione, merchandising, eccetera eccetera.

>E infine perché anche in Inghilterra, la patria di questa rivoluzione capitalistico-sportiva, il modello dello stadio salotto è in crisi, perché non è vero che allo stadio si va solo per vedere la partita, e perché l’assenza di atmosfera (cori, striscioni, bandiere e così via) alla lunga allontana i tifosi, ed in particolare le giovani generazioni.

Il Napoli non è niente senza il suo tifo leggendario, l’unico mito fondativo della squadra insieme a quello di Diego Armando Maradona, che in uno stadio muto, come quello al quale ci ha condannato De Laurentiis, non ci avrebbe mai messo piede“. Conclude il Napulegno.