L’incredibile storia degli spaghetti di Toto’. La zona è quella della Ferrovia, era il 1946, la guerra finiva lasciando macerie, desolazione e tanta voglia di ricominciare.
Uno dei tanti teatri, l’Orfeo, una volta da queste parti, sceglieva di far costare il biglietto pochi soldi e tutte le sere esplodeva di pubblico. Il palco era calcato da nomi d’eccezione: i De Filippo, i Taranto e naturalmente Totò.
E proprio il principe, un giorno che, forse per una liaison amorosa, aveva saltato il pranzo, fece chiamare Emilio “Mimì” Giugliano, proprietario del ristorantino poco distante (oggi Mimì alla Ferrovia, via Alfonso D’Aragona 21), per farsi portare in fretta, mentre la gente in sala già lo acclamava, un piatto di spaghetti, per non andare in scena a stomaco vuoto.
Nemmeno un quarto d’ora e arrivò con un bel recipiente caldo di spaghetti protetto da un coperchio di porcellana. Totò scoprì il vassoio e, mentre il profumo fumante di pomodorini, basilico, aglio e prezzemolo gli amplificava l’appetito, impaziente aprì il tovagliolo in una ricerca inutile delle posate.
Ecco la scena, la ricordate? Miseria e Nobiltà, il seguito possiamo immaginarlo. Come far raffreddare (e scuocere!) quel bendidio? Mani pulite e polpastrelli allenati, memoria di maccheroni mangiati per strada, il maestro si servì.
Ecco come è nata la storia degli spaghetti di Toto
Sembra solo pasta al pomodoro, ma da queste parti è arte.