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Federico Buffa mentre girava il racconto sul "Grande Torino". ha emozionato anche la sua troupe

IL GRANDE TORINO, la leggendaria squadra granata più forte di tutti i tempi

di : Giuseppe Libertino e  Michele Ferrero

 

Per chi non ha Sky, e quindi conosce poco Federico Buffa, oppure per chi lo ama proprio perché lo conosce e lo segue, riporto questa testimonianza del mio carissimo amico Michele da Torino, che ha avuto la fortuna di passare un giorno con ‘il professore’, mentre girava il racconto sul Grande Torino andato in onda il 4 maggio.

Approfittiamo dell’occasione per rendere omaggio alla più grande squadra italiana di tutti i tempi, che proprio il 4 maggio del 1949 è perita nel disastro aereo avvenuto sul colle di Superga, mentre rientrava a Torino dopo aver disputato un’amichevole con il Benfica a Lisbona.

Federico Buffa è un fuoriclasse. Credo sia chiaro a chiunque abbia seguito almeno uno dei suoi racconti, sul calcio e su altri argomenti.

Lui è un avvocato, ma definire oggi la sua professione non è facile: si rischia di essere riduttivi.

Giornalista? Non solo. Commentatore televisivo? Neanche. Cosi come non è solamente uno storico o uno scrittore.

Diciamo un narratore di razza, definizione che forse sintetizza al meglio le sue qualità.

Federico Buffa scuote l’animo della gente e l’affascina tramite argomenti che la gente più o meno conosce. E’ molto difficile, credetemi.

Ho avuto la fortuna ed il privilegio di essere presente quando Federico ha girato il racconto sul Grande Torino. Argomento che conosco alla perfezione, poiché ero lì come rappresentante del Museo della Leggenda Granata. Ebbene, lui è riuscito ad emozionarmi raccontando una storia che avevo sentito e raccontato io stesso mille volte.

E’ il COME che fa la differenza. Il pathos che crea, il cuore che ci mette, abbinato alla sua vasta cultura.

Avete presente cos’è la superficialità? Ecco Buffa è tutto l’opposto, trova il petrolio ogni volta, tanto scava in profondità.

Non solo espone, ma spiega anche il PERCHE’ certi fatti sono accaduti, la loro origine e soprattutto la loro influenza su quello che è accaduto dopo. Le sue interpretazioni non sono mai banali.

E’ arrivato allo stadio Filadelfia verso le ore 19 di martedì 21 aprile 2015, un giorno che difficilmente potrò dimenticare. Sulla mia auto, prelevati dal museo, c’erano alcuni cimeli che lo avrebbero accompagnato nel corso del racconto: maglie autentiche, scarpini anni quaranta, un pallone con la cucitura a mano che io stesso donai al museo tanti anni fa.

Buffa ha mostrato grande rispetto, per il luogo e la sua storia, si è avvicinato con slancio e passione.

Non ha potuto non osservare che ridurre a rudere lo stadio della leggenda è una colpa che chi governa Torino si porterà dietro per sempre.

Chi lo ha dipinto come un presuntuoso ha sbagliato tutto. Ai ‘gobbi’ Buffa non piace più di tanto: fede rossonera a parte, si è sempre rifiutato di sviolinare a loro favore. E’ un uomo libero.

E’ stato gentilissimo sin dal primo istante. Foto e un libro da autografare per aprire le danze. Si è instaurato un clima caloroso e familiare. Del resto, oltre allo staff del museo, c’erano solo i pochi uomini della sua troupe.

Poi si è concentrato, ha acceso il motore, il Grande Torino è entrato in lui.

Col buio ha iniziato a girare. Andava a braccio, senza alcun copione o suggerimento.

Gli è capitato di dire un’inesattezza, di attribuire un soprannome al giocatore sbagliato. Quando gli è stato fatto notare, ha detto semplicemente: non c’è problema, rifaccio il pezzo intero (circa 15 minuti). La cosa più sconvolgente è che lo ha rifatto in modo completamente diverso, escludendo alcune cose ed aggiungendone altre, con dei toni anche differenti.

Incredibile: aveva in canna varie versioni, attingeva dalla sua preparazione totale, andava a ruota libera, si emozionava lui stesso.

A tre metri da lui la percezione è netta e l’unica possibile: è un genio. “Genius at work.”

A tarda notte, senza più rumori dall’esterno, con le luci solo su di lui nel buio più totale, ha creato una atmosfera incredibile, sembrava fosse lì Valentino Mazzola, in quel momento, sul prato del Filadelfia.

Non ci avrei creduto se non avessi vissuto di persona quei momenti. Perfino gli uomini della sua troupe, pur abituati ad ascoltarlo sempre, si sono emozionati ed abbiamo pianto tutti.

Non aggiungo altro, se non un GRAZIE.

A chi ha permesso che io fossi lì ed a Buffa stesso, che ha realizzato sul Grande Torino lo speciale più bello che si sia mai fatto e visto.

E che solo lui poteva creare.

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