Lo sapevi che Napoli

lo sapevi che: Carlo di Borbone aveva un Elefante molto particolare.

CAPURA’, E’ MMUORT’ ALIFANTE!

Di: Gabriella Cundari.

Lo scheletro esposto nel Museo Zoologico di Napoli appartiene a un maschio di Elefante indiano (Elephas maximus) che Carlo di Borbone ottenne nel 1742 dal sultano turco ottomano Maometto V in cambio di tavole di marmo pregiato.

Un’ altra versione narra che fu il marchese di Salas, allo scopo d’ingraziarsi il re, ad incaricare l’Ambasciatore di Napoli presso il Sultano di Costantinopoli, il conte Finocchietti, di acquistare un elefante per
il re.

Comunque sia, l’animale fu tenuto nella Reggia di Portici in un piccolo zoo voluto da Carlo di Borbone, dove vi trovarono ospitalità animali esotici e feroci, che costituivano l’orgoglio del Sovrani, che spesso si trattenevano insieme alla corte a vedere la destrezza e i giochi dell’elefante.

Il pachiderma sopravvisse fino al 1756, morendo forse per la scorretta alimentazione.

Fin dal suo arrivo, l’elefante divenne una attrazione notevole: migliaia di persone si recavano a vederlo, pagando una mancia al soldato che lo custodiva; da ciò, quando morì prematuramente, ebbe origine il famoso detto popolare citato anche da Benedetto Croce: “CapUrà, è mmuort’ alifante!” (trad.: “Caporale, è morto l’elefante!”), ad indicare la fine di una situazione favorevole, di cui il caporale era molto orgoglioso, anche perché gli permetteva di guadagnare mance e favori.

L’animale veniva portato alle parate e fu utilizzato anche sulla scena del teatro San Carlo per l’opera del Metastasio “Alessandro nelle Indie”. L’elefante è raffigurato in una statua in terracotta di Gennaro Reale e in un dipinto di Pellegrino Ronchi, entrambi nella Reggia di Caserta, mentre un altro dipinto di Giuseppe Bonito è custodito in Spagna, nel Palazzo Reale di Segovia.

Alla morte, ne furono preparati lo scheletro e la pelle, montata su un supporto metallico. Inizialmente esposti al Museo Borbonico (attuale Museo Archeologico Nazionale), furono soggetti a vari trafugamenti.

All’inizio dell’ottocento furono rubate le zanne e, pezzo dopo pezzo, anche la pelle, usata per confezionare le calzature.

Lo scheletro fu trasferito al Museo Zoologico nel 1819 mentre di quel che restava della pelle, si sono perse le tracce all’inizio del XX secolo.