Durante il Regno Borbonico fu pubblicato a Napoli il primo codice marittimo della storia d’Italia. Un’opera prima (e sconosciuta).
Grazie a Luigi Pitterà per l’articolo
A Napoli il primo codice marittimo della storia d’Italia
Durante il Governo borbonico fu pubblicato e Napoli il primo codice marittimo della storia d’Italia, ovvero il Codice De Jorio. Michele De Jorio nacque a Procida nel 1738.
Dopo aver compiuto gli studi di diritto, pubblicò a soli 23 anni un Discorso sopra la storia de’ Regni di Napoli, e Sicilia, che lo fece conoscere e apprezzare nel regno. Alla fine degli anni Settanta iniziò a pubblicare quella che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere una monumentale Storia del commercio e della navigazione dal principio del mondo sino ai giorni nostri.
L’opera restò incompiuta, ma gli aprì le porte per l’Accademia di scienze e belle lettere. Fu proprio qui che Ferdinando IV di Borbone e il suo primo Ministro John Francis Edward Acton gli diedero l’incarico di redigere il primo codice marittimo italiano.
L’incarico non era di poco conto e si inseriva nel progetto di J. Acton e di Ferdinando IV di continuare l’opera riformatrice di Carlo di Borbone, tendente a sistemare e rinnovare sia il diritto commerciale e marittimo, sia l’intero diritto civile. Nel campo della navigazione Carlo aveva promesso un codice già nel 1741, ma negli anni successivi del suo regno era riuscito soltanto ad emanare diverse nuove disposizioni di legge, rimaste spesso lettera morta.
Dopo oltre un ventennio, i tentativi riformatori riprendevano quindi con l’incarico al D., che vi attese in tempi brevissimi. Nel 1781 il codice era redatto e ne furono stampati a Napoli venticinque esemplari sotto il titolo di Codice Ferdinando o Codice marittimo compilato per ordine di S. M. Ferdinando IV, perché fosse esaminato dagli organi di governo che avrebbero dovuto promulgarlo dopo eventuali correzioni.
Il codice marittimo borbonico: Un’opera prima (e sconosciuta)
L’opera, assai ponderosa (4 tomi di complessive 2411 pagine), è da ritenersi la principale da lui compiuta, sia per l’ampio respiro dell’analisi e della ricerca in campo economico e giuridico, sia per la padronanza della letteratura specifica e non a livello europeo, sia per la complessità e la novità della trattazione, anche rispetto a paesi più evoluti… Fautore di una conciliazione tra liberismo e protezionismo quando si occupava dei traffici,la sua impostazione risente delle teorie economiche del Genovesi e del Filangieri, del Wolff e del Vattel, che univa strettamente lo stato di natura con quello di diritto.
Di ispirazione romanistica è chiaramente la parte normativa del Codice, suddivisa in tre sezioni: le persone, le cose e le azioni del mare. Ancora oggi giorno l’opera è di fondamentale importanza per chiunque voglia intraprendere studi di diritto marittimo. Ma il tutto solo per gli addetti ai lavori, perché il Codice del D. non fu mai promulgato e rimase, data la sua limitata tiratura, sconosciuto ai più.
Fu invece ampiamente e letteralmente copiato dall’Azuni nel suo celebre Sistema universale dei principi del diritto marittimo d’Europa, il cui primo volume uscì a Firenze nel 1795. Solo nel 1979 ha visto la luce una sua riedizione integrale curata da C. M. Moschetti (Il codice marittimo del 1781 di M. De Jorio per il Regno di Napoli, Napoli 1979).
De Jorio fu sicuramente un innovatore del diritto: verso il 1880 si interessò al commercio, del problema della pesca del corallo di Torre del Greco e della sua regolamentazione, tanto importante nella vita della citadina e dell’intera Campania.
I rapporti, non codificati, erano causa di controversie, soprattutto tra marinai e padroni di navi, e tra questi e gli armatori e rendevano problematica era la vendita del corallo sulla principale piazza italiana, Livorno, dove la facevano da padroni i mercanti ebrei.