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A Livella, la poesia più amata da Totò: Ecco la vera storia

Totò a Livella e l’amore per Napoli. La poesia più amata dal principe De Curtis nasce per un curioso caso.

 

A Livella di Totò, tutti conoscono le parole della poesia dedicata al 2 novembre dal principe della risata: “Ogn’anno, il due novembre, c’è l’usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll’adda fà chesta creanza; ognuno adda tené chistu penziero”.
La poesia affronta con l’ironia e la leggerezza tipica di Totò il tema della morte, ricordando come al di là delle professioni e posizioni che occupiamo in vita, in fondo davanti all’ultimo passo siamo tutti uguali e umani.

LA LIVELLA

Totò, scrisse i versi della Livella affidandosi ad un concetto chiave: la morte rende tutti uguali, ricchi e poveri. La poesia scritta un po’ in italiano, ogni anno torna alla memoria il 2 novembre e che affronta con ironia il tema della morte, molto caro ai napoletani.

Il principe della risata aveva cominciato a scrivere i primi versi della Livella annotandoli su un pacchetto di sigarette, durante le riprese dei suoi film, appena rientrava in camerino riportava tutto su un taccuino.
L’ ispirazione gli sarebbe arrivata pensando a un episodio della sua giovinezza a Napoli.

Originario del Rione Sanità, da bambino spesso si ritrovava a giocare a nascondino nelle Catacombe di San Gaudioso, vicino alla chiesa dove faceva il chierichetto. Nei cunicoli delle catacombe c’era un affresco di Giovanni Balducci raffigurante uno scheletro, per simboleggiare la natura effimera dei beni mondani, che cessano di avere senso di fronte al potere della morte, che per l’appunto livella.

Totò viveva a Roma, ma soffriva la nostalgia per Napoli, la città dove era nato e cresciuto. Un sentimento che spesso riversava nelle sue poesie, scegliendo più spesso di affidare al dialetto i sentimenti più intimi. Così fece anche per ‘A Livella, che fu pubblicata per la prima volta nel 1964.

LA POESIA

A livella di Totò è ambientata in un cimitero, dove un malcapitato visitatore rimane chiuso dopo aver fatto visita alla tomba della zia defunta. Mentre cerca di uscire assiste incredulo al discorso tra due fantasmi: un marchese e un netturbino, casualmente sepolti l’uno accanto all’altro.

Uno, il marchese,  in un sepolcro fastosamente ornato. L’altro in una tomba abbellita solo da una misera croce di legno, “piccerella, abbandunata, senza manco un fiore”.
È il marchese ad aprire la surreale discussione. Il nobile si  lamenta che la salma del netturbino – del quale disprezza la miseria ed il tanfo – sia stata deposta accanto alla sua.

Il netturbino, Gennaro Esposito, all’inizio assume un atteggiamento accondiscendente, quasi di mortificazione dinanzi all’atteggiamento assurdamente oltraggiato dell’altra ombra.
Alla fine il netturbino ammonisce il nobile e lo riporta alla realtà dei fatti. don Gennaro spiega al Marchese che, indipendentemente da ciò che si era in vita, col sopraggiungere della morte si diventa tutti uguali, grazie all’azione della morte che livella tutto e tutti.

La livella è uno strumento usato in edilizia per appianare le superfici. La a morte è quindi come una livella che rende tutti uguali: “Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie…appartenimmo à morte!”.

TOTÒ RECITA A’ LIVELLA

Il principe De Curtis, in arte Totò,  in questo video recita, come solo lui sapeva fare, a Livella.

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