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Che mazzo: Come si eprime la SORTE in napoletano?

Che mazzo!

Lingua napoletana

I Colella sono fortunati. Io ci credo sul serio. Lo insegno alle mie figlie, ne parlo apertamente con amici e parenti; sono fortunato, ho mazzo!.

“Tutto mi è andato bene nella vita. Se facciamo un tocco vinco io; a me arrivano continuamente offerte gratuite, opportunità, vacanze, regali; in tutta Italia piove e dove sono io c’è un sole magnifico, come ora che sono in Sicilia in vacanza al sole e mia madre mi ha detto che a Napoli piove e fa freddo … se non è fortuna questa.”

Le espressioni comuni sono: che mazz’ rutt, che mazz scassato, che ciorta acciurtata; vediamo le iperboli verbali.

Tu tiene ‘nu culo quant’e Portacapuana, mi dicono sempre i miei amici.

La fortuna va pure aiutata, favorita, accolta. Chi nun accatta e nun venne, nun saglie e nun scenne. Il modo dire si riferisce senz’altro all’attività del commercio che è la vera chiave del valore aggiunto e quindi dell’arricchimento; in più c’è l’iperbole sottile tipica delle locuzioni napoletane. Ma la fortuna va sicuramente aiutata; vanno create le condizioni per essere fortunato: fattella ccu chi è meglio ‘e te e fance ‘e spese.

Di un amico fortunato con le donne potrai dire tene ‘a folla Pintauro; Pintauro è la celebre pasticceria napoletana di via Roma, che sforna centinaia di sfogliatelle ricce e frolle ogni giorno. Di solito è molto affollato; per traslato lo si dice di una persona molto richiesta.

Ad un amico baciato dalla fortuna (per un matrimonio fortunato ad esempio) potrai dire hai truvate st’America, con riferimento agli emigranti che andavano a far fortuna oltreoceano.

È tantu furtunato ca’ pure ‘o gallo nce fa l’uovo; ecco una espressione favolosa.

È così fortunato che pure il gallo ogni mattina fa l’ovetto.

Al contrario, per definire la sfortuna, la ciorta nera, ci sono due lavori coinvolti nelle locuzioni:

il primo è l’ombrellaio: tene a ciorta ro’ mbrellaro, quando chiove fino fino. Il nostro amico napoletano avrebbe potuto dire un semplice “che sfortuna”; invece no! Ha tirato fuori un’iperbole verbale che aggiunge molte caratteristiche alla semplice sfortuna. Infatti, una bella pioggia improvvisa, forte, induce il cittadino a comprare velocemente un ombrello per ripararsi.

Se invece chiove fino fino, schizzechea, la persona tende ad aspettare, a rinviare l’acquisto fin quando possibile. Pur piovendo, quindi il povero ombrellaio non venderà nemmeno un ombrello.

Il secondo è il povero sfortunato che vorrebbe diventare cappellaio; ma si ritiene talmente sfortunato, dati evidentemente i precedenti, che afferma: si accumenc’ a fà cappiell pe’ criature, nascono criature senza capa!

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