Editoriali calcio Napoli

Il calcio italiano non appassiona più. E il tifo agisce di conseguenza

Il fenomeno “stadi vuoti” non colpisce solo il San Paolo. Il dato di presenze allo stadio registra un forte calo. Il calcio, in Italia, non appassiona più.

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NAPOLI. Fa riflettere, certo, il San Paolo vuoto o semi deserto. Ma bisognerebbe porsi qualche domanda anziché colpevolizzare i tifosi per la loro assenza. Napoli-Torino, appena ventimila, forse anche meno. Disaffezione? Rassegnazione? La comodità di guardare la partita da casa? Impianto fatiscente? Insomma, un pò di tutto. Le Tv fanno la loro parte, credo che tutto parti da là. Il resto è una conseguenza. Ma analizziamo per ordine.

PAY TV

La Pay Tv entra nelle nostre case agli inizi degli anni 90. La comodità di seguire le partite della propria squadra del cuore, in modalità birra e poltrona (un noto ragioniere avrebbe aggiunto anche frittatona di cipolle e rutto libero), beh ragazzi miei, ha la sua comodità. Certo, le emozioni che regala lo stadio sono totalmente di altra natura. Non mettiamo di mezzo gli “occasionali” per favore, che è una cavolata del nuovo millenio che prende forma solo grazie all’avvento del mondo social. Alla fine ognuno è libero di scegliere come meglio godersi lo spettacolo. Ma col tempo ci siamo accorti che, pay tv o meno, le gradinate del San Paolo si riempivano comunque di tifosi. Negli anni bui con le feroci contestazioni le presenze erano comunque superiori agli appena ventimila di Domenica sera. Ma non solo… Abbiamo fatto registrare oltre i sessantamila anche nelle gare del campionato cadetto, o quelle di Serie C dove trascinavamo i nostri colori ad una rinascita. Quindi… “Occasionale” a chi?

IL SAN PAOLO

Impianto fatiscente? Ma il popolo del San Paolo frega pochissimo dell’impianto vecchio e malandato, senza nemmeno le tazze per fare i propri bisogni. Oddio, non è un bel vedere certo. Ma la passata stagione il colosso di Fuorigrotta presentava gli stessi problemi eppure, basta leggere i numeri per farsi un’idea. Non che i napoletani gradiscono un impianto in queste condizioni, assolutamente no… E’ un disagio non da poco per chi frequenta civilmente lo stadio, però è per farvi capire che in uno status emotivo più forte, ci si passa sopra a certi disagi. A mente fredda, per caso vogliamo negarlo?

CAMPIONATO SPEZZATINO

Il campionato modalità “spezzatino” recita pure la sua parte. Gare alle 15 o alle 18 di Sabato con attività commerciali aperte, beh il disagio lo crea. Oggi non è periodo di vacche grasse, pertanto gli impegni lavorativi hanno l’assoluta priorità. La gara delle 12:30 poi, una botta in fronte, per il napoletano che ritiene il pranzo della Domenica cosa sacra. Un rituale culinario che inizia alle 14 e termina allo sfinimento. Ma, stesso discorso di prima, c’è da dire che la società moderna richiede sacrifici lavorativi anche nel giorno storicamente riconosciuto come quello che il Signore si servì per riposare. Eppure ricordo che in un Napoli-Lazio 4-3 di inizio Aprile 2011, giocata alle 12:30, c’era un San Paolo che fece registrare 60 mila presenze circa.

LA CRISI

Crisi economica…? Lo escludo. Napoli nasce in crisi economica. Il problema biglietti non ce lo siamo mai posti. Specie ora che la politica societaria sta praticando prezzi ampiamente alla portata. Napoli ha da sempre riempito le gradinate, non ha mai fatto differenza la categoria, gli obiettivi o il portafoglio. Però certo può influire, e vi spiego perchè e quando…

Se c’è un problema di affetto smarrito verso la nostra squadra del cuore, è un qualcosa che in tanti si stanno chiedendo. Beh non è proprio così. O meglio, è così nel momento in cui si vuole buttare la croce addosso al tifoso.

Il tifoso si è imborghesito? Come parlavo prima per la storia “dell’occasionale”, reputo una cavolata anche quest’accusa. Il tifoso non si è imborghesito… Il tifoso è un cliente e il cliente pretende. Se per anni senti il profumo di un buon arrosto, prima o poi vorrai mangiarlo. E’ così nel calcio, come nella vita. Ci poniamo degli obiettivi, e facciamo di tutto per raggiungerli. Sensibilizzare il tifoso ad andare allo stadio, e magari “minacciarlo” in caso di assenza, di un mercato sottotono, oggi non ha senso. I mercati hanno seguito più o meno tutti la stessa linea, anche quando gli spalti si riempivano.

Lo stesso filone, le stesse difficoltà, le stesse “tarantelle”. Non sto condannando nessuno che sia chiaro, ma è ingiusto trattare il tifoso come il buon pastorello che spalanca gli occhi euforico, quando gli raccontano che una pecora anzichè del latte ha fatto un cappuccino.

IL CALCIO NON REGALA PIÙ EMOZIONI

La verità cari lettori, è che il calcio non regala più emozioni. E quando lo sport smette di regalare emozioni, non si fa più seguire. Le emozioni svaniscono quando lo sport perde il dono dell’imprevedibilità. Una Serie A fatta di presidenti imprenditori che più lontano dalle proprie tasche non guardano. Attenzione, nessuno chiede Babbo Natale, ma si chiede di essere per una minima percentuale attenti ai desideri dei propri clienti (o tifosi, fate voi).

Una Serie A che va ormai a senso unico dove si parte con una gara che va dal secondo al resto, storie di plusvalenze fasulle, società “imparentate”, situazioni arbitrali poco chiare ed etc… Una Serie A senza sussulti.

Nel caso del Napoli, al termine di un mercato di rafforzamento, ne usciamo addirittura indeboliti, segno di una rassegnazione e di un appoggio (sicuramente) al sistema calcio attuale, così come tutte le altre che vi partecipano. Un calcio fatto di tanto gossip, dove le news “più importanti” le regalano i profili instagram. Trasmissioni televisive e addetti ai lavori che pompano e sponsorizzano sempre lo stesso prodotto.

Per non parlare del patetico momento di sconforto che ha colpito la bionda Wanda Nara e che “Tiki Taka” immancabilmente, da talk show quale è, ce l’ha proposto in tutte le salse. Insomma, dal calcio la gente ci si allontana per tanti motivi. Non è un fenomeno solo del tifo napoletano, che di suo ha negli occhi quella vecchia volpe di Orsato che guardava l’oroscopo mentre Pjanic rifilava un calcio al petto di Rafinha in un Inter-Juventus del 28 Aprile scorso. Ma il fenomeno è generale. Il calcio è diventato una schifezza. Il calcio ha finito il suo ciclo. E i tifosi se ne sono accorti.

 

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