Cultura Napoletana

D’Agostino: “Napoli fa la barba a Milano. Terzo mondo, disprezzo duro”

Il giornalista risponde anche a Le Figaro

Roberto D’Agostino parla di Napoli, esalta la città partenopea e risponde a Le Figaro che l’aveva definita “città da terzo mondo”. Una risposta diretta quella di D’Agostino che nel suo editoriale per Vanity Fair esalta Napoli, la sua bellezza, la sua teatralità, la sua voglia di vivere.

Le Figaro aveva gettato fango su Napoli. Ecco la riposta di D’Agostino: “Napoli è il terzo mondo d’Europa”. Mammamia! Un disprezzo duro, sordo, e soprattutto ingiustificato, se ti tiene conto che la malavita di Napoli è in gran parte quella di tutte le capitali del mondo; una paranoia che poi sfiora sornionamente il Vangelo, dove com’è noto le priorità alla fine s’invertono“.

Napoli e Milano

“Ad esempio, chi si ricorda più della capitale “economica e morale” del Paese? Era la “Milano da bere”, secondo il borioso slogan pubblicitario che gli anni Ottanta avevano assunto come parola d’ordine. Alla fine, a furia di sentirselo ripetere dagli aedi di un sistema basato sugli affaristi, le clientele, le mazzette e i ladri, la città a misura Duomo si è sbronzata. Ed è finita come normalmente finiscono gli ubriachi: in ginocchio. Da “Milano da bere” a “Milano da Borrelli”, il passo è stato breve. Ed oggi, alla faccia di “Le Figaro”, la città di Totò e di Eduardo, di Massimo Troisi e Sophia Loren, fa barba e capelli a chiunque, perché è la città più creativa e sorprendente d’Italia, campionato di calcio compreso. E quando qualcuno studierà, fra una ventina d’anni, la scena culturale italiana degli anni 2000, avrà la sorpresa di scoprire quanti incendi hanno fatto schiattare il Vesuvio” scrive D’Agostino facendo il paragone tra Napoli e Milano.

Paolo Sorrentino

La città di Sorrentino

Da Pompei ai Campi Flegrei, l’arco del golfo è una linea di fuoco che schizza una cinematografia di assoluto talento: dall’oscarizzato Paolo Sorrentino (con l’ultimo film, “E’ stata la mano di Dio”, sta viaggiando di nuovo verso Hollywood) a Mario Martone, acclamato regista di “Qui rido io”, con la storia di Eduardo Scarpetta. Protagonista-feticcio, sia di Sorrentino che di Martone, è Toni Servillo, pieno di quella proverbiale esuberanza tellurica che rimescola godimento e sentimento, passione narcisistica e scoramento malinconico” scrive ancora d’Agostino che aggiunge: “All’ultima Mostra del Cinema di Venezia, ha colpito l’immaginazione del pubblico anche un altro autore partenopeo: Michelangelo Frammartino, regista de “Il buco”. Napoli è adesso la città con più attori di talento per cinema e fiction, come Serena Rossi e Massimiliano Gallo, Luisa Ranieri e Alessandro Preziosi, Silvio Orlando e Teresa Saponangelo (oggi la migliore attrice italiana)“.

Scavi di Pompei

Sempre per Vanity Fair, D’Agostino aggiunge: “All’ultima Mostra del Cinema di Venezia, ha colpito l’immaginazione del pubblico anche un altro autore partenopeo: Michelangelo Frammartino, regista de “Il buco”. Napoli è adesso la città con più attori di talento per cinema e fiction, come Serena Rossi e Massimiliano Gallo, Luisa Ranieri e Alessandro Preziosi, Silvio Orlando e Teresa Saponangelo (oggi la migliore attrice italiana)“.

L’Eden e le Malebolge, la bellezza e l’inferno, la miseria e la nobiltà, la pizza margherita e la camorra, Maradona e Totò: questa città è stata anche tra i più straordinari cantieri dell’arte in Italia. Qui avvenne la consacrazione dell’Arte Povera, qui Andy Warhol non esitò a mettere il Vesuvio accanto alla zuppa Campbell’s e alla Coca Cola, a Mao e a Marylin; qui è nata l’esperienza (unica) delle stazioni della metropolitana fatte ad arte, da Gae Aulenti a Joseph Kosuth. Qui c’è il più memorabile museo italiano, l’Archeologico, zeppo di opere di una bellezza assoluta“.

Ecco Napoli non ha bisogno di fare cultura. E’ cultura. Ogni angolo di Napoli è un capitolo di un’ipotetica Storia universale. La cultura a Napoli non ha nulla di accademico. Non è neppure museale, pur essendo la città un enorme museo. E’ una cultura umana, dove il semaforo rosso non è un divieto, ma solo un consiglio. E destra e sinistra, solo delle mere indicazioni stradali” conclude il giornalista.

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