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La fase due: lo screening e la ripartenza parziale dell’Italia

La pandemia da coronavirus fa registrare dei numeri in calo, per questo si comincia a pensare alla fase due, anche se l’allarme resta altissimo.

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Lo ha ribadito anche il ministro della Salute Speranza: “Pensare di aver sconfitto il coronavirus sarebbe un errore imperdonabile“. Ecco perché la fase due non deve essere vista come un liberi tutti, ma bensì come un modo per cominciare e pensare di riaprire qualche attività, tenendo intatte molte limitazioni.

Di fase due parla anche Il Messaggero. In questo caso sarebbe quella dell’allenamento che entrerà in vigore quando si vedrà una diminuzione costante dei contagi. Per ora le uniche mezze certezze sulla riapertura delle attività produttive dopo il 14 marzo, sono quelle legate a tre settore produttivi: industria della carta, attività forestali,smaltimento dei grandi magazzini della grande distribuzione, per il resto non ci saranno altre concessioni. Quindi tutte le altre attività commerciali resteranno chiuse ancora, molto probabilmente fino a fine aprile.

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I test sierologici

Nella seconda fase si ipotizza anche la possibilità di puntare sui test sierologici, ovvero quelli che valutano la presenza nel sangue di anticorpi e dimostrano se è in corso o c’è stato un contagio. Anche in questo caso si presenta un problema, i test a disposizione non sono validati per il coronavirus, quindi la fotografia dell’Italia non verrebbe scattata nel modo giusto. Secondo Giani rezza, direttore dell’istituto Malattie Infettive dell’Istituto Superiore della Sanità dice: “I tamponi ci dicono se c’è infezione in atto, i test sierologici se sono stati sviluppati gli anticopri,ma ci sono test commerciali,non ancora validata”. Secondo Rezza bisogna “scegliere una strategia comune per tutto il paese“. Altra ipotesi in campo è quella di utilizzare i test rapidi con il sangue, di cui anche la Regione Campania si è dotata. Insomma serve una mappatura generale della situazione italiana per poter pensare di andare avanti.