La Corte dei Leoni al Vomero, e’ chiamata cosi’ per una strana abitudine del primo proprietario. Il suo aspetto a dato vita a numerose leggende.
Di : Gabriella Cundari
La Corte dei Leoni al Vomero: Storia e curiosità
VOMERO-Villa Spera, poi Villa Giordano, oggi si chiama Corte dei Leoni, nome che rievoca l’abitudine del suo primo proprietario, appassionato di animali esotici, di lasciare i leoni liberi di passeggiare nell’atrio.
È una villa in stile liberty costruita dall’architetto Adolfo Avena, al posto di una antico casino rurale. La sua posizione, al confine tra il Vomero e Posillipo, all’uscita di via Tasso in piazza Santo Stefano, consente, sul lato anteriore, una veduta spettacolare sul Vesuvio e sul Golfo di Napoli; il lato posteriore, di fronte al quale in origine sorgeva solo Villa Rachele, è stato oscurato, a partire dagli anni cinquanta del Novecento, dalla costruzione di numerosi palazzi moderni e di un supermercato.
Costruita nel 1922, come attesta una lapide in latino apposta dall’autore sulla facciata, è contraddistinta da un marcato eclettismo.
La villa fu abitata sino alla seconda guerra mondiale, durante la quale diventò sede del comando tedesco. Per lungo tempo abbandonata, fu restaurata alla fine degli anni novanta. È un edificio a tre piani, dotato di finestre ad arco con colonne e chiavi di volta prominenti su entrambi i lati, ed una facciata di mattoni rosso pallido, con numerosi mattoni sporgenti per conferirle un tenue effetto bugnato.
Piazzati in vari punti, nella parte alta della facciata, sono scolpiti alcuni simboli esoterici. Due di questi sono collocati su entrambi i lati di una grande finestra. Essi sembrano essere versioni del caduceo alato, la bacchetta portata nella mitologia romana da Mercurio. Sono presenti anche le ali, ma sulla cima di ogni bacchetta c’è una testa di cavallo o di drago stilizzata. Queste sono rivolte verso l’interno e si “guardano” l’un l’altra attraverso l’arco della finestra.
La Corte dei Leoni al Vomero arriva il liberty napoletano
Come altre ville del Vomero appartenenti al liberty napoletano, è dunque caratterizzata da un marcato eclettismo, che fonde lo stile liberty col neoromanico. Il tetto, in stile rinascimentale, pende delicatamente verso il basso su ogni lato dell’edificio.
Essendo la villa stata costruita su un pendio, la parte della villa che si affaccia sul mare ottiene un effetto addizionale utilizzando lo spazio in più disponibile attraverso il rapido cambio di altezza tra la parte frontale della proprietà ed il retro: Avena sfruttò così il poco spazio e le preesistenze. Nella grande finestra centrale, l’artistico vetro colorato, opera del figlio di Adolfo Avena, Carlo, è andato perso durante la guerra.
Sul lato del mare, c’è una notevole scala a spirale che avvolge l’intero edificio; si trova all’interno, ma di fronte al vetro e visibile dall’esterno. L’intera proprietà è protetta dalla strada grazie ad un alto recinto d’acciaio, fino ai primi anni 2000 coperto da edera, che rendeva impossibile osservarne l’interno.
Sul lato di fronte al mare c’è anche un balcone. L’effetto è rinascimentale, come nella cosiddetta Casa di Giulietta a Verona (opera di Antonio Avena, stesso cognome ma nessuna parentela tra i due, come invece è stato scritto), ma nella villa vomerese risulta piuttosto inquietante.
Il suo aspetto ha dato origine a numerose leggende, secondo le quali la villa sarebbe stregata ed abitata da fantasmi, ed ha causato anche il suo utilizzo come set cinematografico, nel film Giallo napoletano di Sergio Corbucci, girato nel 1979, e ne La guerra di Mario di Antonio Capuano, del 2005.