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La filosofia distruttiva di De Laurentiis nel calcio: vittoria o presunzione?

La filosofia che De Laurentiis ha adottato con successo nel Napoli rischia di trasformarsi in presunzione.

Napoli, Italia – Aurelio De Laurentiis, il patron del Napoli, sembra aver preso alla lettera le parole di Nietzsche: “Sempre deve distruggere, chi vuol creare”. La filosofia che ha adottato con successo nel calcio, ovvero smantellare la squadra per ottenere vittorie, rischia ora di trasformarsi in presunzione.

Appena terminata la festa ufficiale per la vittoria dello scudetto, la città di Napoli è già immersa in una frenesia di addii, speculazioni su chi potrebbe rimanere e chi partirà. Nel corso di un’intervista televisiva a “Che tempo che fa” domenica, il presidente ha ufficializzato la separazione da Spalletti, l’allenatore della squadra: “È una grande persona e un grande allenatore, ha fatto crescere una materia prima straordinaria. Lo ringrazio sempre, ma quando un allenatore ti dice certe cose che fai? Io lo ringrazio e gli auguro il meglio”. Queste parole sembrano essere solo l’inizio, poiché si prevede che il direttore sportivo Giuntoli e diversi calciatori, come il coreano Kim e Osimhen, potrebbero lasciare il club.

Questa rivoluzione imminente è un copione che si ripete costantemente nella gestione di De Laurentiis. Nonostante non sia esattamente un “mangia allenatori”, poiché gli esoneri e i colpi di testa sono stati rari, nessun allenatore ha resistito per più di tre anni da quando Mazzarri era in carica. Il più longevo è stato Maurizio Sarri, e la rottura con Spalletti ora crea una sensazione di déjà vu incredibile. Al di là delle motivazioni ufficiali, è evidente che qualcosa si sia spezzato tra i due, a partire dal rinnovo del contratto gestito via PEC e che ‘legalmente’ non lascerebbe nulla da dire. Potrebbe esserci una punta di gelosia da parte del presidente, che ogni volta che non è al centro della scena, scatta come un primattore? Oppure è semplice irrequietezza? In ogni caso, questa filosofia è in parte vincente.

A differenza di molti suoi colleghi che sono eccessivamente riconoscenti, De Laurentiis ha capito che nel calcio moderno, specialmente con il suo modello di business, è necessario cambiare per vincere. I contratti sempre più ingenti e le motivazioni che durano meno di una stagione sono solo alcune delle ragioni per cui il cambio diventa inevitabile. Infatti, è così che ha costruito il suo capolavoro: il Napoli ha vinto lo scudetto grazie al coraggio di tagliare i ponti col passato, congedando giocatori come Insigne e Mertens, contro il parere della città, e puntando sui giovani, con un mercato azzeccato. Ora sembra che De Laurentiis voglia rifarlo ancora una volta, ancora più profondamente visto che la rivoluzione riguarda anche la gestione tecnica e dunque il dirigente sportivo.

Ma c’è davvero bisogno ora di una rivoluzione? Se il ‘vecchio’ Napoli era arrivato a fine ciclo e totalmente da riformare, questo sembra che non abbia bisogno di stravolgimenti, anzi. E’ una squadra giovane con ampi margini di crescita e a sentire il bisogno di cambiare è probabilmente solo il suo presidente. E allora come intenderla una ‘mossa’ del genere? Forse come il frutto di chi fa della sua rivoluzione un moto d’orgoglio, di chi pensa di poter vincere e portare a casa altri trofei senza l’aiuto di nessuno, ma portando avanti unicamente la sua filosofia.