Lingua Napoletana

“simme cavalli ‘e tutta evera” conosciamo questo proverbio

“simme cavalli ‘e tutta evera”

Di: Gabriella Cundari e Gaetano Brunetti.

“simme cavalli ‘e tutta evera”, questo detto si usa a Napoli per dire “siamo buoni per ogni evenienza e ci adattiamo ad ogni avvenimento dando sempre il risultato sperato”.

Questo detto  mette in evidenza la versatilità e la bravura dei napoletani, poliedrici come pochi al mondo.

“simme cavalli ‘e tutta evera”: Cavalli, ciucci, evera e lepri: na‘ mesca francesca e un giallo linguistico.

Parto dal primo dei quattro modi di dire che mi accingo ad esaminare:

Tené (o avé )‘o piere all’evera, con il significato di avere l’occasione adatta, propizia. Ma non è il piede di Higuain, quello di cui si parla e l’evera non è quella del prato di uno stadio.

Perché si dice così? Credo che la spiegazione esatta sia quella che ci propone Raffaele Bracale: l’espressione napoletana è tené o avé ‘o piere ‘a llepera ( tenere o avere il piede da lepre, cioè veloce, idoneo ad un’azione repentina), poi per assonanza orale llepera è diventato evera ; piere= piede ed estensivamente zampa d’animale, di mobile etc. sost. masch. dal lat. pede(m) con dittongazione della sillaba breve d’avvio e tipica rotacizzazione osco- mediterranea d/r; lèpera = lepre mammifero velocissimo nella corsa e ottimo saltatore, dal latino lepus, leporis.


Secondo detto: Campa, cavallo, ca l’evera cresce ( equivalente dell’italiano: Campa cavallo che cresce l’erba), aspetta con pazienza il momento opportuno che …può anche non arrivare, tanto che il cavallo, in attesa che l’erba cresca, può invecchiare e morire.

Non è dato sapere se la versione napoletana abbia generato quella italiana, ma entrambe, sono frutto di un aneddoto, che racconta di un misero vecchio che possedeva solo il suo vecchio cavallo, ormai privo di forza e di qualsiasi energia; lo tirava lungo una strada sassosa dove l’erba era pressoché inesistente.

Ogni volta che il tristissimo animale dava cenni di cedimento e sembrava stesse per cadere, il padrone lo spronava e gli diceva: “Aspetta a morire cavallo mio, resisti ancora un po’, almeno finché l’erba crescerà e anche tu potrai sfamarti”.


E che aspettare con pazienza non sempre porta buoni risultati, lo dice anche il terzo detto: Quanno l’evera nova venette , ‘o ciuccio era muorto ‘e famme, che fa il paio con quello di sopra, per cui mi eisparmio altre parole e dico solo che tra le tante ipotesi etimologiche la più convincente è quella proposta dal Bracale , che la collega alla radice sciach dell’arabo sciacharà= ragliare che è il verso proprio dell’asino (dell’arabo sciacharà, ragliare [sciach→ciuch→ciuccio, tanto è vero che in siciliano l’asino è detto sceccu]
“ simmo cavalle ‘e tutt’evera”. 

Su mesca Francesca? velo spiego la prossima volta….

 

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