Le Interviste

Reja: “De Laurentiis è un provocatore, ma sa anche chiedere scusa. Vi rivelo una cosa”

L’ex allenatore del Napoli Edy Reja condivide la sua esperienza con Aurelio De Laurentiis. Il racconto delle sfide che hanno segnato una nuova era nel calcio napoletano.

NOTIZIE CALCIO NAPOLI. Nell’inverno del 2005, Edy Reja entrò per la prima volta a Napoli. Con 30.000 spettatori a sostenerlo, iniziò un viaggio di riappropriazione di un futuro. In 50 mesi, creò un’era indimenticabile, lasciando tracce di malinconia tra i vicoli della memoria. L’ex tecnico del Napoli ai microfoni del Corriere dello Sport ha raccontato la sua esperienza Napoli, alla luce dei recenti dissapori tra Spalletti e De Laurentiis:

Le cinque stagioni di Reja con Adl come si possono racchiudere?
«Con un termine soltanto: indimenticabili. Dal punto di vista calcistico, fu un trionfo: chiamarsi Napoli non bastava per garantirsi il successo e infatti, alla fine del primo semestre, la sconfitta nella finale per la B con l’Avellino creò una delusione enorme in chiunque, in me più di ogni altro. Fu un dolore. Al mattino, dopo una notte insonne, ero rassegnato, pensai di lasciare e fu lui, con Marino, ad addolcire l’atmosfera. Ricominciammo assieme». 

Però c’è stato modo di dover fronteggiare situazioni complicate.

«Ma in De Laurentiis i pregi superarono gli umani difetti. So bene che non è facile gestirlo, se così si può dire: mi aiutò l’esperienza, forse pure il fatto di essere più o meno coetanei. Ma non ho mai dovuto subire ingerenze, mai che mi abbia chiesto la formazione: semmai, dopo, si divertiva a provocarmi, perché hai fatto giocare Tizio e non Caio». 

Potevate separarvi con dodici mesi di anticipo, rispetto alla chiusura del suo mandato.
«Volle che rimanessi, alla fine di una serata movimentata. Aurelio sa fare i passi indietro quando si rende conto di essere andato oltre. E ascolta».

 


La esonerò su suo suggerimento…?«
La situazione si era fatta complicata, capii che per dare una sterzata alla squadra sarebbe stato necessario cambiare. Perdemmo con la Lazio, lo chiamai, gli dissi che sarebbe stato giusto per me dimettermi. Aveva bisogno di un sostituto, c’era Donadoni, mi permisi di indirizzarlo: riparti, così arrivi pronto con lui alla prossima stagione. Volle una cortesia: aspetta che gliene parli. Se mi dice sì, ti lascio andare. Mi ha spesso invitato a tornare, ti do un ufficio qua, chiacchieriamo un po’. Ma io ho dato, vado per i 78».

Cosa immagina, adesso?
«Lo scudetto è un risultato straordinario, l’apoteosi del Progetto. Il Napoli ci è arrivato attraverso un percorso in continua evoluzione, l’ha sfiorato un paio di volte, ha sempre ottenuto piazzamenti importanti, spesso la Champions, altre volte l’Europa League. Spalletti è stato geniale, il suo calcio ha entusiasmato, è diventato punto di riferimento internazionale».

Ma in tre mesi si entrerà in una fase nuova. 
«Non entro nelle dinamiche, non le conosco e non mi permetterei mai di farlo. Ma so che il Napoli ha una squadra di valore. Ci sono calciatori che rappresentano la continuità, stanno lì da un bel po’, sono cresciuti e si sono affermati. E ci sono giovani, che garantiscono il futuro».

 

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