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Napoli celebra Andrea Pazienza. Il murale della mostra d’oltremare.

Napoli celebra Andrea Pazienza trent’anni dopo la sua morte. Alla Mostra d’Oltremare, c’è un suo murale gigantesco, rimasto nascosto per anni.

Andrea Pazienza

Andrea Pazienza nasce a San Benedetto del Tronto il 23 maggio 1956. A 18 mesi di vita i suoi genitori si complimentano con lui per un disegno. Andrea mostra a mamma e papà un bellissimo orso, con tratti decisi e cura per alcuni particolari e li stupisce. Da quel momento in poi è inarrestabile.

Nell’autunno del 1974, dopo gli studi dai Gesuiti a Pescara, dov’è il più giovane, Andrea decide di iscriversi al Dams di Bologna, fondato appena tre anni prima. A Pazienza Bologna non piace, così affollata e senza la possibilità di avere la propria privacy, ma sarà una città fondamentale nel suo percorso, così influenzata dal ’68, un momento in cui per i ragazzi i sogni sembrano potersi realmente avverare.

Nel febbraio del 1977, un martedì qualsiasi, presso la sede di Linus, Andrea Pazienza si presenta alla corte della direttrice Fulvia Serra. Tira fuori dalla sua enorme cartella il coniglio dal cilindro: dieci pagine, che stende sul tavolo della redazione con mano tesa, con sopra le avventure di un tale che si fa chiamare Pentothal. E così, per 120mila lire a tavola – solo l’artista Hugo Pratt era più pagato di lui nella redazione di Linus – Andrea comincia a raccontare le avventure di un giovane Holden italiano che vive i tumulti di una Bologna ormai a lui cara, ma nella quale sente di non poter capire molte cose.

Quel pazzo e geniale fumettista muore per overdose la notte tra il 16 e 17 giugno 1988 a Montepulciano, in Toscana.

Napoli celebra Andrea Pazienza trent’anni dopo.

Napoli celebra Andrea Pazienza

A Napoli, alla Mostra d’Oltremare, c’è un  murale gigantesco di Andrea Pazienza, rimasto nascosto per anni. Napoli è una delle città in cui Paz si è sempre sentito a casa, nonostante una casa, qui, non ce l’abbia mai avuta.
Napoli celebra Andrea Pazienza trent’anni dopo.

Pazienza riusciva  a parlare  al cuore di chi le leggeva  le sue storie con tutta l’onestà possibile. Paz aveva un’innata capacità di empatizzare con la malinconia, fino quasi a indursela, è il marchio di fabbrica di un ragazzo andato via appena trentaduenne. Sulla sua morte aleggiano storie diverse, la verità in ballo tra un’overdose e un malore per cause naturali. La famiglia non ha mai rivelato. Quello che è rimasto è l’opera gigante di un ragazzo qualunque che con una matita tra le mani sapeva raccontare tutto quello che c’è da dire sull’umanità. Persino Fellini lo scelse per il manifesto di un suo film, la «La città delle donne».

Napoli celebra Andrea Pazienza trent’anni dopo.

Sono trent’anni che Paz non c’è più.

Un lasso di tempo considerevole per notare che, ormai, il suo mito ha quasi raggiunto la durata della sua vita. E lo supererà. Napoletani, fatevi un regalo: andate alla Mostra d’Oltremare in pellegrinaggio per quel murale. Un pezzo di Paz, per sempre (spero), abbellirà la nostra fantastica e malinconica città. Fantastica e malinconica proprio come lui.

 

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