Tommasino, Rafiluccio e tutti gli altri conflitti paterni di Eduardo De Filippo: ubbidienti oppure ribelli Domenico Soriano in «Filumena Marturano»: inadempiente e vulnerabile.
Di: Anna Marchitelli CdM
Tommasino, Rafiluccio e tutti gli altri
«Domani mattina devo uccidere mio padre». A pronunciare la nefasta sentenza – che potrebbe simbolicamente aprire l’infinito capitolo sulla figura del padre nella letteratura, drammaturgia e poesia – è Rafiluccio, uno dei personaggi della commedia «Il sindaco del rione Sanità» di Eduardo De Filippo che fa intervenire don Antonio Barracano, a sua volta padre-patriarca accentratore di un potere quasi illimitato nei confronti della famiglia e del rione, speranzoso di placare la rabbia di Rafiluccio e reiterare così lo sterotipo del figlio che ubbidisce alla volontà, anche se despotica, del padre.
Ma il drammaturgo capovolge il rapporto ancestrale di sottomissione e lascia agire la ragione contro ogni convenienza e convenzione. La centralità della figura paterna è misconosciuta in maniera eclatante in «Natale in casa Cupiello» attraverso il personaggio di Tommasino che negando l’importanza e la bellezza del presepe mette in crisi l’ideologia familiare paternalistica che Luca (il padre) porta avanti, invano, per salvare se stesso.
Conflitti paterni di Eduardo De Filippo
È dunque «un pater-familias fuori ruolo», direbbe la saggista Anna Barsotti, che ricorre ad atteggiamenti infantili promettendo regali al figlio in cambio di apprezzamenti sul presepe. E la paternità viene altrettanto svilita in «Filumena Marturano» a favore di una maternità che sa invece costruire il suo ideale di famiglia, mentre Domenico Soriano dinanzi al ruolo di padre è «inadempiente e vulnerabile», scrive il critico Maurizio Grande, e deve subire «l’incrinatura della sua onnipotenza».