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Storia di Napoli

N’albero richiama l’albero della cuccagna dell’età Borbonica

Francesco Pollasto 4 minuti di lettura
Pubblicato 02/05/2019
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N’albero richiama l’albero della cuccagna dell’età Borbonica. L’opera di Tommaso Ruiz «Largo di Palazzo, Napoli, con Celebrazione Notturna del 19 settembre 1740 per il Battesimo dell’Infanta Reale Maria Isabella», e macchina della Cuccagna disegnata da Ferdinando.

Di: di Roberto Russo CdM

N’albero richiama l’epoca Borbonica

N’Albero, al pari delle sue più illustri ascendenti barocche (memorabile quella progettata da Ferdinando Sanfelice nel 1740 per il battesimo dell’infanta reale, foto in alto a destra), vuole esplicitamente celebrare un certo consumismo popolare, che non rinuncia a strizzare l’occhio alla plebe. Nella città dei corsi e ricorsi vichiani, ciò appare un inevitabile pedaggio da pagare alla storia. Per nulla inedita pure la polemica intellettuale.

L’albero della cuccagna dell’età Borbonica

Dato che nel 1776 il marchese De Sade, rifugiatosi in Italia per sfuggire a un mandato di cattura derivato dalle sue perverse pratiche sessuali, assistette proprio a Napoli a un carnevale da lui bollato come «inquietante» nel suo Voyage en Italie.

Possiamo riportare solo qualche passo della lunga e doviziosa descrizione della «cosiddetta cuccagna, — sono parole del marchese — il più barbaro spettacolo di questo mondo».

Sta di fatto che la macchina tirata su davanti Palazzo reale, rappresentava un grande vascello colmo di ogni ben di dio da mangiare, compresi «polli, oche, tacchini, maiali appesi e inchiodati ancora sanguinanti».

Cosa accade? «A mezzogiorno, con il re affacciato al balcone a godersi lo spettacolo, un colpo di cannone dà il segnale. Il cordone di militari si apre e non meno di 5- 7000 lazzaroni si gettano all’assalto…Otto minuti sono sufficienti per distruggere l’enorme impalcatura (…)».Una battaglia dove non mancavano morti e feriti.

Comunque sia, soprattutto nel XVIII secolo, le grandiose macchine sceniche in legno, riccamente adornate e cariche di generi alimentari e squisitezze, resteranno a lungo l’unico fugace e fallace trait d’union tra il sovrano, la sua corte e il popolo lazzarone e affamato.

E quei «carri», alti anche 34 metri, verranno ricostruiti in ogni occasione che fosse ritenuta degna di festeggiamento. Così da realizzare la «regola» delle tre F che tanto fa arrabbiare i neoborbonici. «Diceva Ferdinando: con forca, farina e feste io governo Napoli».

Dumas  racconta il tragico epilogo della cuccagna del 10 maggio 1734 che doveva celebrare l’indipendenza del Regno e l’arrivo in pompa magna di Carlo III. L’immenso teatro «fu costruito sulla piazza attigua al palagio, carico d’ogni sorta di commestibili, oggetti di valore a rappresentare il Giardino delle Esperidi (…) Il popolo vi si precipitò ma nel momento in cui il teatro era stivato di gente, malamente assicurato sulle sue basi, sprofondò, sfracellando coloro c’heran di sopra e schiacciando quelli che trovansi di sotto. I morti furono 80 e i feriti due o trecento». Le cuccagne furono poi sospese. Ma solo per qualche tempo.

Lo sai come e’ nato il carnevale a Napoli? e la cuccagna dei Borbone?

TAGGED: cultura napoletana, i grandi napoletani, primati di napoli, storie napoletane
Francesco Pollasto 9 Dicembre 2016
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